Il primo popolo di stirpe germanica insediatosi stabilmente in occidente fu il popolo visigoto.
Il regno fondato nel 418 ebbe per quasi un secolo il suo centro a Tolosa e occupò principalmente l’Aquitania per poi estendersi al di là dei Pirenei sino a fissare a Toledo la nuova capitale (554), in seguito alla sconfitta subita nella Gallia meridionale ad opera dei Franchi nel 507.
Nel periodo del regno tolosano, i Visigoti si appropriarono rapidamente di molti elementi della civiltà romana.
Sono visigotici l’Editto di Teodorico e il Codice Euriciano (475-476).
la legislazione di Eurico aveva validità territoriale e non personale.
Trent’anni più tardi, nel 506, Alarico Il promulgava un testo normativo Lex Romana Visigothorum o Breviario Alariciano
composto esclusivamente di fonti di diritto romano, in primo luogo di ampi stralci del Codice Teodosiano e delle postclassiche Sentenze di Paolo; esso costituì il principale canale di trasmissione del diritto scritto romano – teodosiano nell’alto medioevo europeo.
Questa vittoria sorprendente e precoce del diritto romano
è stata sicuramente agevolata dal rapporto non conflittuale instauratosi nella Gallia visigotica tra i nuovi dominatori e una parte considerevole della classe dirigente romana;
La testimonianza fondamentale è costituita dalla multiforme opera legislativa dei sovrani di Toledo.
Alla fine del secolo VI il re Leovigildo promosse una revisione completa del Codice Euriciano
Si coglie una indubbia nota di continuità rispetto ad Eurico, pertanto anche rispetto alla tradizione giuridica tardo – antica: in campo penale, ad esempio, la frequente irrogazione di pene distinte per gli «honestiores» e per gli «humiliores».
La continuità con la tradizione antica è del resto percepibile anche sul terreno della cultura letteraria.
basti pensare alla grande opera di Isidoro di Siviglia . Un secondo filo e di influenza è però presente nella legislazione di Leovigildo: il filone germanizzante, che evidentemente non si era estinto presso i Visigoti nonostante la loro precoce romanizzazione: lo rivela la sussistenza della composizione pecuniaria in materia penale.
Tra romani e goti cadde con lo stesso Leovigildo il divieto di unioni matrimoniali miste,
già sancito a suo tempo dalla legislazione imperiale. Ma l’amministrazione giudiziaria e civile rimase separata.
Nell’anno 654 fu promulgato, per iniziativa di Reccesvindo, un nuovo testo di leggi, il Liber iudiciorum,
frutto di una revisione del Codice di Leovigildo, integrata con l’apporto dell’abbondante legislazione di Chindasvindo e di Reccesvindo. Il Liber, strutturato in 12 libri e ricco di oltre 500 testi legislativi, costituisce il monumento più importante e duraturo della legislazione visigotica.
Reccesvindo abolì il dualismo
- amministrativo del regno, e l’ordine giudiziario divenne ormai unico, affidato ai giudici locali, ai conti delle città, ai duchi. Inoltre, il diritto romano fu espressamente abrogato, con l’irrogazione di pene pecuniarie alle parti e ai giudici che osassero farvi ricorso.
Il nuovo corpo di leggi veniva ormai imposto a tutti, goti e romani, come un testo esclusivo. In caso di lacuna si doveva fare ricorso al re.
La precoce romanizzazione dei goti li indusse ripetutamente a progettare codici di portata generale, diretti tanto ai goti quanto ai romani.
- giudiziario. La confluenza di diverse tradizioni è percepibile del resto nella prassi, sulla quale offre preziose informazioni una raccolta di formule giuridiche risalenti al 615 circa: l’impianto di indubbio carattere romanistico si coniuga con principi di derivazione canonistica e non esclude l’incorporazione di elementi della tradizione nazionale visigotica. Vi fu però uno strato della popolazione del regno che venne colpita con sorprendente insistenza: si tratta degli ebrei, contro i quali Leovigildo, Reccesvindo e Ervigi si accanirono con misure legislative aspramente discriminatorie.
Tra gli aspetti che rendono caratteristico il diritto visigotico nell’ultima fase del regno vi è il collegamento stretto con la Chiesa di Spagna.
I sovrani chiesero in più occasioni ai vescovi di fornire indicazioni e di formulare rilievi sulle riforme legislative prima della loro promulgazione anche se poi non sempre si adeguarono ai suggerimenti che contrastavano con i propri interessi.
Le tracce di un’influenza cristiana ed ecclesiastica si colgono in particolare là dove i sovrani si sforzarono di delimitare i confini del proprio potere o di quello dei loro giudici.
Si consideri, ad esempio, la disposizione con cui Reccesvindo stabili l’annullabilità di contratti e di sentenze in contrasto con la legge e la giustizia, conclusi per un ordine regio o per timore del re.
I monumenti della cultura canonistica ispanica e i testi legislativi del Liber iudiciorum sopravvissero così alla caduta del regno che si verificò improvvisamente nell’anno 711, sotto la spinta travolgente dell’Islam.