Il fenomeno delle università acquisì subito dimensioni impressionanti; il momento decisivo fu quando un maestro di arti liberali, Irnerio, attivo anche come giudice, negli anni a cavallo del 110 a Bologna cominciò a esercitarsi non episodicamente nella spiegazione dei testi romanistica del Corpus iuris civilis. Entro la prima metà del secolo i giuristi, chiamati glossai dalle loro note apposte al Corpus Giustinianeo, erano imitati dai cultori del diritto della chiesa, che si giovarono dell’opera di un misterioso Graziano di Chiusi, che intorno al 1140 mise assieme la raccolta divenuta presto fondamentale dei testi di diritto canonico: decretum gratiani.
Perciò l’insegnamento giuridico e non ebbe grande successo, non senza creare vivaci tensioni tra le città in concorrenza per tenersi i docenti migliori. L’università si sviluppò sostanzialmente secondo tre modelli:
- quello parigino, fondato sulle universitates dei dottori, ossia dei maestri
- quello bolognese sulle universitates degli studenti, organizzati in base alle loro nationes di provenienza geografica
- quello di Napoli, che si vanta di essere e la prima università di Stato della storia, fondata da Federico III.
L’università si avviava verso l’istituzionalizzazione, che vuol dire farla rientrare nei poteri legittimi, si iniziò a costruire la teoria dello Studium generale: un’università poteva rilasciare titoli universalmente validi, che attribuiva la facoltà di insegnare ovunque.
L’università si basava poi statuti che ne disciplinavano minutamente l’attività didattica. Sicuramente l’università, favorito dall’unica fede e dall’unica lingua scientifica, il latino, fu il veicolo principale dell’unificazione culturale europea tra il 1100 e 1140.
Nel corso del duecento si aggiunsero anche le traduzioni di classici(Aristotele); ma c’è da dire che gli affari non ebbero bisogno delle elaborazioni universitarie. Il diritto di commercio e della navigazione infatti si svilupparono sin dall’alto medioevo con scarse radici nel diritto romano.