La genesi delle consuetudini locali è un fatto che ha segnato una svolta nella storia giuridica dell’occidente.
Il frazionamento del diritto è giunto al massimo nel corso dei secoli X e XI, per i quali una tradizione storiografica ha usato la formula di «età del particolarismo»: l’assenza di saldi poteri pubblici ha aperto alle consuetudini spazi larghissimi.
Una carta delle consuetudini mostrerebbe chiaramente questa frammentazione.
In un certo senso, l’intera storia del diritto del continente a partire da questa età potrebbe configurarsi come la costruzione secolare di una progressiva unità, che dal particolarismo dei secoli X e XI conduce ai diritti cittadini dell’età comunale, alla conquista del contado da parte delle città con la conseguente imposizione del diritto cittadino nelle campagne, alla formazione di un primo nucleo di diritto dello stato regionale nel :ardo medioevo, infine alla formazione dei diritti degli stati nazionali, sino alla genesi oggi in corso di un diritto uniforme europeo.
il fenomeno imponente della formazione delle consuetudini locali nei secoli dal IX all’XI non comporta necessariamente l’esistenza di differenze profonde nelle regole di diritto osservate nei diversi luoghi.
L’impressione che si ricava dai documenti è, al contrario, quella di una fondamentale unità del diritto. Un’unità che deriva dai caratteri comuni a una società prevalentemente rurale, frammentata in nuclei di potere locale, priva di veri organi di governo statali, unificata dalla comune struttura delle istituzioni ecclesiastiche e dai valori della medesima fede religiosa.
È un’unità di fondo che si realizza con una straordinaria varietà di forme locali, nate a loro volta dalla specifica storia di ogni comunità.
Ovunque, o quasi, la giustizia pubblica risulta debole e impotente di fronte alle imposizione e alle violenze di singoli o di gruppi, e l’autotutela, la vendetta, le transazioni private e collettive sono strumenti per affrontare e superare i dissidi, insieme con forme di composizione pecuniaria: ma i modi della faida, il grado di coinvolgimento della parentela, sono differenti da luogo a luogo, da tempo a tempo.
La consuetudine ha modellato nell’alto medioevo un diritto unitario ma non uniforme.
Nonostante la sua estensione, il fenomeno consuetudinario non è tuttavia in questi secoli privo di confini, almeno in linea di principio. Vi sono anzitutto i limiti fissati dalla legge stessa, là dove questa proclama il proprio primato: il primato della legge scritta sulla consuetudine aveva da tempo trovato nei padri della Chiesa numerosi e autorevoli sostenitori.
Ma soprattutto conta il limite intrinseco e generale che, nell’ideologia dell’alto medioevo, si riteneva valesse nei riguardi delle consuetudini: esse non dovevano contravvenire ai canoni etici di una società che si proclamava cristiana.
La formula icastica del grande padre della chiesa fu più volte ripetuta nei secoli, perché derivante da una visione religiosa che considera il diritto come ordinato a principi ed a norme superiori.
Il fatto che la società del tempo abbia conosciuto e praticato numerosi comportamenti giuridici qualificati dai contemporanei stessi, o da alcuni di loro, come «malae consuetudines» conferma che la consuetudine poteva venir misurata sul metro dei suoi contenuti etici, anche in contrasto con le tendenze prevalenti nella società civile.