Gregorio Magno diede infatti un orientamento preciso a innumerevoli aspetti dell’organizzazione e della disciplina ecclesiastica.
Il prezioso Registro a noi giunto delle epistole gregoriane ha conservato oltre 800 lettere, che offrono un vivido quadro dei problemi della Chiesa e delle linee d’azione e di pensiero del papa. I rapporti tra la chiesa di Roma e le chiese locali risultano essere già allora intensi e frequenti: il papa interveniva assai spesso con direttive, suggerimenti, sanzioni. I rettori che gestivano il patrimonio della Chiesa nelle singole province erano altresì i rappresentanti del papa nelle diocesi, quando il papa stesso non ritenesse opportuno inviare un visitatore per una specifica missione.
La spiritualità del cristiano si giova, nel governo della chiesa, della tecnica e della cultura giuridica apprese nell’esperienza delle magistrature civili, vissuta da Gregorio negli anni giovanili:
non per nulla l’epitafio qualifica il grande pontefice come «consul Dei», congiungendone in una formula efficacissima la romanità e la religiosità.
importa qui rilevare il rapporto stabilito da Gregorio tra la norma scritta e la condotta suggerita o imposta:
un rapporto di derivazione della seconda dalla prima, per istituire il quale occorre spesso procedere previamente ad una interpretazione della legge.
All’influenza di Gregorio Magno contribuì non poco, accanto al Registro delle lettere, la fortuna grandissima dei suoi scritti esegetici e pastorali, tra i più letti ed amati nel medioevo.
Ne derivò una migrazione fittissima di passi ed estratti nelle collezioni di diritto canonico, della quale si può misurare l’entità se solo si considera che, a distanza di oltre cinque secoli, nel Decreto di Graziano figureranno ben 260 testi tratti dai Registri ed inoltre 80 passi gregoriani attinti dai Dialoghi, dall’Oculus Pastoralis, dai Moralia e dagli altri Scritti religiosi; cui si aggiungeranno nel Liber Extravagantium del 1234 altri 60 capitoli provenienza gregoriana.
Non tutto il monachesimo occidentale divenne di obbedienza benedettina.
Tra le matrici più feconde di vita monastica si deve quanto meno menzionare la spiritualità monastica irlandese, presto trapiantatasi con successo anche sul continente: Luxeuil in Francia, San Gallo in Svizzera, Bobbio in Italia sono frutti di questa pianta, cui San Colombano diede nel secolo VII un impulso di crescita eccezionale.
Ma più tardi, nel corso del tempo, non poche comunità adottarono la regola di Montecassino, preferendola ad altre per la sua «discretio» e i risultati che aveva mostrato di saper generare nella vita comune. Tra l’altro la regola consentiva un felice rapporto tra la comunità monastica e l’autorità del vescovo locale.
Tra gli apporti significativi che i monaci di provenienza celtica trasmisero all’occidente sono da menzionare i Penitenziali.
Si tratta di testi destinati al clero e contenenti l’indicazione della penitenza più opportuna per il riscatto dei diversi peccati. I più antichi penitenziali risalgono al secolo VI e sono di origine irlandese.
La penitenza pubblica e solenne, ammessa una sola volta nella vita di un uomo, era caduta in desuetudine.
Al suo posto si era affermata la penitenza privata (o meglio segreta), reiterabile, irrogata dal sacerdote in séguito alla confessione. Essa consisteva per lo più in forme di digiuno di varia drasticità e durata, talora commutabili in pene diverse: recite di preghiere, astensioni sessuali, ed anche composizioni pecuniarie.
I penitenziali non di rado integravano la disciplina normativa
- supplendo alle lacune della legge
- rendendone più efficace l’osservanza in virtù delle sanzioni spirituali che colpivano i peccati-reati.
Per altri aspetti i penitenziari riprendono taluni motivi propri della tradizione cristiana d’occidente e d’oriente.
Ad esempio, l’idea penitenza come medicina dell’anima.
Dai penitenziali emerge un elemento ulteriore di particolare rilevanza: l’intenzione del peccante, il suo grado di consapevolezza e di colpa sono attentamente considerati e influiscono sulla quantità e sulla qualità.
La storia dei secoli dal VI all’VIII costituisce anche per il diritto un’età oscura.
per i due secoli di storia dell’Italia longobarda si sono salvati appena un paio di centinaia di atti privati, assai irregolarmente distribuiti nello spazio e nel tempo. Per le altre regioni d’Europa, la penuria della documentazione sulla vita del diritto è per lo più ancora maggiore.
Eppure in questi secoli sono accaduti fatti capitali per la storia giuridica dell’occidente.
I popoli germanici hanno sviluppato e tra- smesso alle età successive le proprie istituzioni, che in parte sono già il frutto di un contatto fecondo con la civiltà dei diritto tardo antico, pur tanto lontana dalla loro.
La Chiesa ha messo radici nell’Europa barbarica, svolgendo per il tramite dei monasteri, delle chiese locali, del papato una essenziale funzione di civiltà in un contesto di povertà e di violenza, di divisione etnica e di scarsa cultura.