Da Costantino in poi, malgrado la presenza sempre piĂą ingombrante del monarca nella produzione del diritto, nessuno interruppe fermamente la tradizione dei gloriosi iura. Fu soltanto necessario disciplinarla per adattarne l’uso ai tempi nuovi segnati da una grande decadenza culturale.
Nelle 426, l’imperatore Valentiniano III avverte la necessitĂ di regolamentare l’uso degli iura riordinando i cinque grandi giuristi a cui egli conferisce autoritĂ : Paolo, Papainiano, Ulpiano, Modestino e Gaio, mediante l’emanazione della legge delle citazioni, approvata poi da Teodosio II, che la inserì nel Codice Teodosiano. Qualora vi fossero state pronunce discordanti, tale legge prevedeva che il riferimento da seguire era quello di Papainiano.
Da Diocleziano in poi la vita degli iura diventa sempre piĂą difficile. Questi i continuarono ad avanzare faticosamente per la loro strada nel Basso Impero. Circolarono per 8 secoli sotto il nome di Paolo, le Pauli receptae sententiae, che furono considerate la gemma degli iura antichi.
Tra gli iura che attraversarono tutto il Basso Impero vanno annoverate le Istituzioni di Gaio, le quali subiscono una volgarizzazione all’inizio del 300, divenendo l’Epitome Gai; essa la risponde al nome di Fragmenta Augusto Dumentia, composto tra il V e il IV secolo, che, insieme alle Pauli Sententiae, saranno, con i Tituli ex corpore Ulpiani, le fondamenta della legge delle citazioni di valentiniano III.
Sempre all’etĂ Costantiniana, va ricondotta la composizione dei Fragmenta Vaticana, così chiamati perchĂ© rinvenuti nel 1821 da Angelo Mai in un palinsesto della biblioteca vaticana. Questi sono un manualetto istituzionale, presumibilmente scolastico, contenente costituzioni redatte in versione piĂą ampia rispetto a quelle contenute nei vari codici, in particolare in quello Teodosiano.
La volgarizzazione degli iura si accompagna comunque ad una seppur contenuta produzione di iura stessi: la lex dei, e la Consultatio.
La lex dei, il cui nome per esteso è Collatio legum Mosaicorum et Romanorum, è un’opera dove viene effettuata una comparazione tra la legge biblica (di Mosè), e la legge romana. L’autore si ipotizza fosse un ebreo. Gli ebrei, infatti, avevano paura nonchĂ© timore di un informarsi con le leggi romane. Da qui nasce la necessitĂ di rassicurarsi della legge romana potesse adattarsi a quell’ebrea, e questo spiegherebbe la nascita di questo scritto.
Ma l’apprezzamento degli ambienti ecclesiastici di tale opera fa però supporre che il componimento non sia adducibile ad un ebreo ma ad un cristiano.
La datazione è incerta. In tale opera mancano le costituzioni di Costantino, e ciò insospettisce fortemente, in quanto dalla Chiesa, Costantino, venne venerato quale liberatore della cristianitĂ , per poi essere santificato. Si presume, perciò, che venne compilata prima dell’avvento di Costantino, anche se le ipotesi piĂą accreditate la vedono datata dopo il 436 (legge delle citazioni), nonostante questa inusuale mancanza.
La Consultatio Veteris cuiusdam Iuri Consulti venne rinvenuta da un giurista umanista (corrente umanesimo- giuridica del 500), Cuyacio, che nel 1577 pubblica tale opera, composta da pareri presi da un giurista, che funge da consulente, offrendo pareri giuridici basandosi sulle fonti del diritto romano che grosso modo ritroviamo nella Lex Romana Visigotorum (codex Teodosiano, frammenti del Gregoriano e dell’Ermogeniano, iura    fonti principali circolavano prima dell’etĂ di Giustiniano).
Quest’opera è stata composta negli stessi anni in cui appare la Lex Romana Visigotorum (506); si presenta nella Gallia del V secolo. Essa rappresenta quello che è il prodotto dell’attivitĂ di consulenza di un giurista. Vi è dunque ancora il segno di un’attivitĂ di consulenza, la quale ci rimanda a un periodo storico postumo, che si colloca nel Basso Medioevo.
Dal 300 in poi i giuristi italiani fanno infatti fortuna attraverso le loro attivitĂ di consulenti, ovvero mediante pareri su punti del diritto, forniti a privati dietro consenso o richiesta. Tali pareri verranno nominati consilia; naturalmente tale attivitĂ prevedeva un’importante conoscenza scientifica.