I comuni stabilirono sin dall’inizio che la carica consolare dovesse avere una durata breve: di regola un anno, al termine del quale le medesime persone non potevano venire rielette immediatamente.
Il numero dei consoli fu vario nelle diverse città e nel corso del tempo, da due a quattro sino a venti e più e l’estrazione sociale diversificata.
Ovunque i giuristi di professione svolsero un ruolo significativo non soltanto nell’amministrazione della giustizia, ma anche nelle trattative diplomatiche con le città vicine, con l’impero ed in genere nell’attività politica.
Tra i compiti esercitati dai consoli, la giustizia ebbe importanza fondamentale.
All’inizio gestita talvolta in comune col vescovo o col signore, essa finì per passare integralmente nelle mani dei consoli prevalgono ora le controversie sugli usi agrari e sul governo del contado in luogo delle consuete liti sui diritti di proprietà su terre; si rafforza il potere discrezionale dei giudici nella gestione delle prove, e cresce la loro autorità in città e nel contado.
Accanto ai consoli, una pluralità di organismi operava nel comune.
L’assemblea generale degli abitanti si riuniva periodicamente per decisioni relative a guerre o alleanze con altre città, spedizioni nel contado. Essa approvava per acclamazione le proposte avanzate dai consoli, in un clima spesso confuso e vociante.
Presto essa fu sostituita, in tutto o in parte, da un organo meno ampio, il Consiglio maggiore, composto in genere da alcune centinaia di cittadini. Un collegio ristretto, formato da qualche decina di uomini, coadiuvava i consoli nelle decisioni politiche e civili.
All’interno delle città, le articolazioni territoriali coesistevano con quelle ecclesiastiche e con le «vicine» di ascendenza altomedievale, attraverso una capillare organizzazione della cittadinanza per scopi civili, militari, religiosi.
I quartieri assunsero una propria identità giuridica e sociale, che in talune città si è mantenuta sino al presente: il cittadino era (ed è) prima di tutto un membro della sua «contrada».
La lotta per la conquista dell’autonomia istituzionale non fu mai fine a se stessa, per le città. Ragioni precise ne spiegano l’origine,
E’ stato osservato che le libertà cittadine hanno un doppio volto, verso l’esterno e verso l’interno.
Questo secondo fronte consiste in un fascio di nuove regole giuridiche, che si imposero nei confronti di tutti gli abitanti, indipendentemente dal loro status giuridico e sociale: all’interno della città la strutturazione per ceti dell’ordinamento giuridico è stata superata.
Il diritto cittadino contiene nuove e severe regole penali volte ad assicurare la pace interna, e ad evitare la vendetta.
Ma la pace interna è tutelata anche in altre forme, equiparando ad esempio la «rottura della pace», cioè la riapertura di atti di ostilità tra individui e soprattutto tra famiglie, ai più gravi reati, come l’omicidio.
Si affermano nuove regole di diritto privato e di procedurale, adeguate a tutelare gli interessi del commercio e dell’artigianato.
Nascono cosi nuove norme
a) sulle obbligazioni;
b) sui beni immobili liberamente alienabili;
c) sulle successioni con la diffusione del testamento unilaterale e revocabile;
d) sulle prove e l’adozione generalizzata del giuramento;
e) sul diritto di famiglia.
I tribunali consolari o scabinali applicarono appunto queste consuetudini recenti, funzionari alla vita della città. Talvolta esse erano state concesse, su richiesta dei mercanti o della gilda, sin dal secolo XI.
Via via le nuove regole si affermarono in ogni città formando la base degli statuti e, più tardi, di una parte significativa del diritto moderno.
sia le consuetudini locali, sia le innovazioni legislative cittadine vennero inserite in un ordine giuridico assai più vasto e universale, fondato sui testi romanistici e sulla dottrina del diritto comune.
La nuova scienza giuridica di origine bolognese e universitaria costituisce un pilastro della civiltà dei comuni.
La giustizia dei consoli, la prassi dei notai, dunque la concreta vita del diritto cittadino sono state modellate e trasformate dalla nuova cultura giuridica, tanto più duttile e potente rispetto ai lasciti della tradizione altomedievale.