L’art. 121-3, con riferimento all’elemento soggettivo, prevede che <<non vi può essere crimine o delitto (non contravvenzione) senza l’intenzione di commetterlo>>:
- per i crimini la responsabilità può essere solo dolosa;
- per i delitti vale la regola prevista anche nel sistema italiano, secondo la quale di regola deve esservi dolo, ma può esservi anche colpa qualora sia così espressamente previsto dalla norma di parte speciale. Una novità evidente, quindi, consiste nell’eliminazione della responsabilità oggettiva per i delitti.
Nella formula dell’art. 121-3, il co. 2 dispone che <<quando la legge lo prevede, vi è delitto nei casi di deliberata messa in pericolo della persona altrui>>. In passato si riteneva che questa disposizione facesse riferimento ad una variante della responsabilità colposa. La riforma del 2000, tuttavia, ha distinto nettamente la deliberata messa in pericolo dell’altrui persona (co. 2) dall’imprudence e negligence cui sono dedicati i co. 3 e 4. A prescindere da questo spostamento della deliberata messa in pericolo verso i confini tra la colpa cosciente e il dolo eventuale, comunque, resta il fatto che dal punto di vista della portata operativa tale deliberata messa in pericolo continua ad essere totalmente assimilata alle ipotesi di responsabilità colposa.
La scelta francese ha il merito di facilitare la ricerca di soluzioni a casi che in altri ordinamenti risulterebbero problematici (es. lancio di sassi dal cavalcavia): l’art. 121-3 segue un’esigenza di semplificazione probatoria, volta ad esonerare il giudice dalla prova dell’atteggiamento psicologico nei confronti dell’evento.
La riforma del 2000, come anticipato, ha introdotto due nuovi commi con la precisa volontà di restringere l’ambito della responsabilità colposa:
- il reato colposo ordinario rimanda a presupposti che impongono di definire più in concreto l’aspettativa di diligenza: non basta accertare a carico dell’agente la mera violazione di regole cautelari, ma occorre anche verificare che tale violazione sia avvenuta disattendendo gli standard di diligenza che dall’autore potevano pretendersi <<tenuto conto della natura dei suoi compiti e delle sue funzioni, delle sue competenze così come dei poteri e dei mezzi a disposizione>>.
Questa disposizione, tra le altre cose, ha contribuito a limitare la principale problematica imputata all’art. 121-3, colpevole secondo alcuni di esporre troppo gli amministratori locali alla responsabilità penale per gestione di risorse pubbliche e per eventi realizzatisi fuori dalla loro effettiva sfera di controllo;
- il reato colposo qualificato (o caratterizzato) fa riferimento ad una serie di presupposti ulteriori. L’art. 121-3 co. 4, in particolare, si indirizza alle persone fisiche che abbiano causato solo indirettamente un evento (responsabilità di posizione), stabilendo:
- che esse possano rispondere penalmente per tale evento solo se sussiste una colpa qualificata (colpa intensa);
- che tale colpa abbia esposto la vittima ad un rischio di particolare gravità che non poteva non essere conosciuto dall’agente (es. cartello di pericolo).