• Paesi Baltici (Lituania, Lettonia, Estonia): erano stati incorporati già nel ’40 nell’US; con il Patto di Molotov Germania e US prevedono che l’US avrebbe occupato questi tre paesi. È stata una sorta d’invasione. I paesi baltici sono i primi ch cercano l’indipendenza richiamando in vigore le costituzioni degli anni ’20 (l’Estonia ha ancora in vigore la costituzione del ’22);
  • Blocco delle democrazie popolari, Europa Cento-orientale (Polonia, Ungheria, Romania, Jugoslavia, Repubblica Ceca, Albania): non entrano a far parte dell’US, ma sono soggette all’ordinamento sovietico. Due esperienze di distacco:
    • Jugoslavia di Tito, che si distacca dall’ordinamento sovietico, sviluppa un proprio modello di autogestione, una propria interpretazione del sistema sovietico. La Jugoslavia si differenzierà anche nel momento della transazione, ci sarà un conflitto che porta alla disgregazione;
    • Albania, che cerca di mantenersi indipendente sia nei confronti dell’US sia nei confronti della Jugoslavia di Tito, prima avvicinandosi alla Cina poi estraniandosi continuando ad applicare il modello Staliniano in modo molto rigido, anche quando venne superato negli altri paesi.
  • Paesi della C.S.I. (comunità stati indipendenti), nati dopo la disgregazione dell’US (Russia e ex repubbliche sovietiche). Anche qui siamo di fronte a una disgregazione di uno stato federale; sono paesi limitati per quanto riguarda le esperienze costituzionali, con una lunga esperienza federale e socialista (dal ’22).

Secondo aspetto: le transizioni costituzionali in questi paesi. Cosa si intende per transazioni costituzionali? De Vergottini indica con questo termine la progressiva diffusione del modello liberale, un fenomeno di diffusione molto ampio, che si è avuto dalla fine della IIGM attraverso le decolonizzazioni prima, e poi, soprattutto, con la caduta dell’US. Il fenomeno delle transizioni costituzionali può essere visto da più prospettive, noi la affronteremo dal punto di vista del giurista. È interessante perché c’è un’intensa formazione: c’è una normativa transitoria, di gestione della transazione, e, successiva alla transizione, c’è una normativa nuova, la scrittura delle nuove costituzioni.

Il termine transizioni ha una portata molto generica: i politologi parlano di transizione come cambiamento di condizione, passaggio da una forma di stato ad un’altra. Si caratterizza come una serie di passaggi nel tempo, è una cosa molto complessa.

I politologi hanno individuato alcune fasi che identificano questo passaggio, che si applicano anche alle transizioni costituzionali che noi vedremo:

  • I fase: progressiva liberalizzazione politica, nascita di una pluralità di forze politiche;
  • II fase: nascita di una progressiva creazione di forme minime di auto-governo, le forze politiche cominciano a sviluppare una certa individualità;
  • III fase: sviluppo delle libertà pubbliche;
  • IV fase: passaggio chiave, svolgimento delle elezioni fondative, che segnano il passaggio ad un nuovo sistema.

Negli stati che studieremo abbiamo avuto questi passaggi con una caratteristica, questo almeno nelle democrazie popolari, questo passaggio è avvenuto in maniera non violenta e contrattata (tavole rotonde), grazie a una forte attività preparatoria che ha scongiurato un conflitto. La transizione è stata più complessa nell’US e in Jugoslavia, poiché il momento della transizione democratica è coinciso anche con il momento di disgregazione del modello federale. Il modello federale nello stato socialista in realtà ha un significato diverso da quello che noi conosciamo. Nel modello socialista l’introduzione di una forma di stato federale è stato funzionale soprattutto per dare rilievo al carattere multietnico dello stato (in Jugoslavia c’erano sloveni, croati, serbi, bosniaci), ma poi concretamente lo stato funziona in modo molto accentrato grazie al ruolo del partito unico. US e Jugoslavia hanno questa ulteriore particolarità.

La transazione costituzionale viene intesa come l’affermazione di una nuova concezione dello stato incompatibile con il precedente (senso sostanziale). Non sempre questo momento è coinciso con l’adozione di una nuova  costituzione. Abbiamo avuto paesi che immediatamente hanno adottato nuove costituzioni; questo non è sempre positivo, poiché ci sono state nuove costituzioni adottate dal precedente partito unico che scrive la nuova costituzione per non eliminarsi (la costituzione della Serbia del ’90 fatta da Milosevic ne è un esempio). Dall’altro lato, la Polonia, ad esempio, è arrivata nel ’92 ad una modifica della costituzione vigente (piccola costituzione), e solo nel ’97 si arriverà ad una nuova costituzione. L’Ungheria, altro esempio, come la Polonia, di un paese molo sviluppato democraticamente, ha mantenuto fino ad oggi la costituzione del ’49, che è stata però molto modificata tanto da mantenere di quella originale solo la capitale a Budapest. Ultimo il caso della Bosnia-Erzegovina, esempio più significativo di costituzione internazionalizzata, è stata scritta dai negoziatori internazionali, è il testo del trattato di pace.

Un dato interessante di queste transizioni democratiche è l’influenza internazionale, soprattutto del Consiglio d’Europa, che ha avuto un ruolo molo importante  nella scrittura d queste costituzioni, dato che c’era l’interesse da parte di questi paesi di rientrare a far parte dell’Europa e di entrare nel Consiglio  stesso. Il Consiglio ha seguito la scrittura di queste costituzioni attraverso la Commissione di Venezia, creata dal Consiglio proprio per monitorare la scrittura delle costituzioni (come la costituzione dell’Albania nel ’98, o la costituzione di Serbia e Montenegro). Il Consiglio d’Europa contiene anche la Russia, la Turchia (ha 46-47 paesi), ed è molto più ampio dell’UE.

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