Secondo l’art. 2050, chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
Dato che la tale norma consente una prova liberatoria, si è discusso se ci si trova in presenza di una responsabilità comunque fondata su colpa, pur se di tenue entità, oppure di una responsabilità oggettiva, anche in considerazione del fatto che soggettivamente il responsabile può non aver avuto colpa. In realtà sembra che la norma, pur costituendo un’ipotesi di responsabilità per colpa, si ponga ai limiti ultimi e più prossimi della responsabilità oggettiva, comportando un ampliamento del contenuto del dovere di diligenza.
La presunzione di colpa, contemplata dall’art. 2050 per le attività pericolose, può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell’esercente l’attività pericolosa l’onere di dimostrare l’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno. Non basta, quindi, la prova negativa di non aver commesso nessuna violazione delle norme di legge o comunque della prudenza, ma occorre anche quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso.