La famiglia intesa in senso moderno, come detto, nasce con il Code Napoleon, che evidenzia una forte subordinazione della moglie e dei figli nei confronti del marito, secondo un impianto sociale fortemente autoritario. Eletto a modello ispiratore, il Code civil francese costituisce la guida del Codice civile italiano del 1865, che ne riflette largamente l’impianto. L’unica importante innovazione è rappresentata dall’introduzione dell’istituto del matrimonio civile, che tuttavia non comporta la parallela introduzione del divorzio. Si deve comunque notare che negli anni a seguire la posizione della donna, pur mantenendo una condizione di forte subordinazione, ha vissuto un lento miglioramento, sia da un punto di vista giuridico che sociale.

Durante il periodo fascista la donna assume un ruolo molto dignitoso da un punto di vista sociale, in quanto responsabile della riproduzione e fonte di incremento della popolazione, ma mantiene e per certi versi peggiora la sua posizione di assoluta nullità politico-giuridica. Quando nel 1929 Mussolini firma i Patti Lateranensi, viene alla luce una nuova forma di matrimonio, il matrimonio concordatario, cui vengono riconosciuti i medesimi effetti del matrimonio civile. Il I libro del Codice civile del 1939, comunque, riflette in larghissima parte l’impianto giuridico previgente, fatta eccezione per l’introduzione degli istituti della dote e del patrimonio familiare.

 Per assistere ad una svolta decisiva dobbiamo attendere la Costituzione repubblicana, che sottolinea una prospettiva della famiglia completamente modificata. I principi che possiamo considerare fondanti della disciplina della famiglia sono i seguenti:

  • il potere autonomo della famiglia rispetto allo Stato.
  • la parità morale e giuridica dei coniugi.
  • i diritti dei figli e le provvidenze a favore dei minori in caso di incapacità dei genitori.
  • i medesimi diritti attribuiti sia ai figli legittimi sia ai figli nati fuori dal matrimonio.
  • la protezione accordata ai figli non riconosciuti dai genitori naturali.

La svolta della Costituzione del 1948 è resa possibile dal fatto che la famiglia comincia a essere intesa come società naturale , definizione questa che si pone a garanzia dell’autonomia familiare. Si riesce peraltro a conferire maggiore dignità anche alle famiglie di fatto, che rientrano pur sempre nella categoria di formazione sociale .

Con la Costituzione si realizzato due aspetti fondamentali:

  • la completa e perfetta parificazione della donna e dell’uomo all’interno della famiglia.
  • la protezione del minore sia all’interno che all’esterno della formazione sociale, con la conseguente trasformazione della patria potestas da mero diritto del padre a diritto-dovere di entrambi i coniugi.

 L’impianto costituzionale è stato svecchiato nel 1975 da una imponente legge di riforma del diritto di famiglia (l. n. 151 del 1975) che vi ha apportato una serie di modifiche:

  • innalzamento dell’età per contrarre matrimonio.
  • parificazione del rapporto tra i coniugi nella direzione della famiglia.
  • abolizione della separazione per colpa.
  • introduzione del regime di comunione dei beni.
  • abolizione dell’istituto del patrimonio familiare, sostituito con il fondo patrimoniale .
  • miglioramento della posizione successoria del coniuge e dei figli naturali.
  • previsione dell’intervento del giudice in alcuni casi di contrasto coniugale relativo alla direzione della vita familiare. Tale punto si riferisce all’elemento maggiormente controverso della riforma: la discussione politica, infatti, paventando la possibilità che un intervento del giudice potesse minare l’autonomia familiare, ha disposto che il potere d’intervento fosse utilizzabile solo in casi eccezionali.

Tale riforma, quindi, proietta la donna in una posizione di perfetta parità nei confronti del marito, sebbene la fattualità mostri ancora dei gravi ostacoli alla vera e propria affermazione di tale principio. È stato comunque eliminato lo status subiectionis della donna sia sul piano morale, sia su quello economico, sia su quello successorio, attraverso la protezione dello svolgimento della sua personalità sia all’interno che all’esterno della famiglia (es. abolizione della colpa come elemento necessario per la domanda si separazione).

Il minore viene trasformato dalla riforma in un soggetto non sui iuris, ma in procinto di diventarlo, perciò risulta destinatario dei diritti che possano tutelarne la posizione nella società, dove da un lato viene visto nella sua dimensione individualistica, ovvero come figlio, e dall’altro nella sua dimensione sociale, nel caso in cui la Repubblica, qualora i genitori naturali non siano in grado, si faccia carico dei problemi assistenziali.

Lascia un commento