Possiamo individuare altri limiti all’autonomia dei coniugi:
- qualora i coniugi ricorrano alla separazione consensuale si applica l’articolo 158, il cui secondo comma stabilisce che, se gli accordi dei coniugi relativi ai figli sono in contrasto con l’interesse di questi, il giudice ha il potere di riconvocare i coniugi indicando le modificazioni da adottare. Nel caso la soluzione continui ad essere inidonea per i figli, il giudice può rifiutare l’omologazione costringendo i coniugi a ricorrere alla separazione giudiziale.
Nell’articolo non viene menzionato l’accordo dei coniugi relativo al mantenimento di quello che dei due risulta essere economicamente più debole, quindi, senza incorrere in errore, possiamo stabilire che il giudice non può sindacare relativamente a tale accordo. In definitiva quindi il giudice, mentre non può stabilire il quantum dell’accordo dei coniugi, può invece farlo per quello previsto per i figli.
- l’articolo 160 sembra individuare un punto debole dell’articolo 155: non potendo derogare ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio, infatti, i coniugi non potrebbero rifiutare nemmeno l’assegno di mantenimento, considerato fra di essi.
Relativamente a tale problema non è condivisibile la teoria secondo cui l’articolo 160 non ha valenza durante la fase patologica del matrimonio. Mutuare una teoria del genere, infatti, risulta essere impossibile se ci si avvale di una semplice interpretazione letterale.
- l’articolo 156, all’ultimo comma, evidenzia un’altra contraddizione relativa all’autonomia dei coniugi. Secondo tale articolo, infatti, il giudice, qualora sopravvengano giustificati motivi, può disporre la revoca o la modifica, tra le altre cose, dell’assegno di mantenimento.
La Cassazione, al contrario, ha stabilito che l’assegno di mantenimento è irrinunciabile, in quanto il legislatore deve proteggere il coniuge che risulta essere economicamente più debole. In definitiva, quindi, qualora il coniuge più debole rinunci all’assegno di mantenimento, tale rinuncia vale rebus sic stantibus: nel caso in cui la condizione muti, infatti, tale assegno di mantenimento può essere nuovamente richiesto.