La rescissione, strumento giudiziale che tutela il contraente, consiste nello scioglimento del contratto concluso in uno stato di pericolo o di bisogno. Tale rescissione ha effetto retroattivo, ma non pregiudica i diritti acquistati dai terzi (art. 1452).
Si realizza in due ipotesi ben distinte.
Contratto concluso in stato di pericolo (art. 1447)
Il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique per salvare sé o altri da un pericolo attuale di un danno grave alla persona può essere rescisso. Il giudice in ogni caso può assegnare un equo compenso all’altra parte.
Contratto concluso in stato di bisogno (art. 1448)
Se tra la prestazione dell’una e dell’altra parte vi è sproporzione, dipesa dallo stato di bisogno di una parte, questa può chiedere la rescissione del contratto. La lesione deve però eccedere la metà del valore della prestazione eseguita o promessa.
In ogni caso il contraente contro il quale è proposta l’azione può evitare la rescissione offrendo una modificazione del contratto atta a ricondurlo ad equità (art. 1450).
La prescrizione in entrambi i casi è molto breve, un solo anno dalla conclusione del contratto (art. 1449).