Il diritto di proprietà o gli altri diritti reali possono appartenere ad una sola persona; e si parla allora di proprietà individuale, di superficie, di un usufrutto individuale. Ma è possibile che la medesima cosa formi o oggetto del diritto di proprietà o del diritto reale di più persone; e si parla allora di comunione di proprietà, di comunione di superficie, di comunione di un usufrutto.
La comunione e, dunque, la situazione per la quale la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone.
È una situazione che può verificarsi in una triplice ordine di ipotesi:
1) Comunione volontaria: dipende cioè dalla volontà di partecipanti alla comunione.
2) Comunione incidentale: non dipende dalla volontà di partecipanti (si riceve un bene in eredità e più persone si trovano indipendentemente dalla loro volontà, ad esserne comproprietarie).
3) Comunione forzosa: alla quale non ci si può sottrarre.
Tra comunione accidentale e comunione forzosa c’è questa differenza: la prima sorge senza che i partecipanti l’abbiano voluta, ma può essere sciolta per volontà di partecipanti; la seconda è invece, sottratta alla volontà di costoro.
La comunione è disciplinata anzi tutto dal titolo o dalla legge dalla quale ha origine e in mancanza,dalle disposizioni del codice civile.
La coesistenza, sulla medesima cosa, dell’eguale diritto di più persone si realizza mediante la ideale scomposizione della cosa in una pluralità di quote. Le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali fino a prova contraria, ed il loro concorso tanto nei vantaggi quanto nelle spese è in proporzione delle rispettive quote. Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca gli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto; ogni partecipante può inoltre disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti della sua quota ed anche ipotecarla,ma l’effetto dell’ipoteca si produce rispetto a quei beni o quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione.
L’amministrazione della cosa comune spetta tutti partecipanti, che deliberano a maggioranza di quote, però, per le innovazioni e gli atti di straordinaria amministrazione occorre la maggioranza di numero dei partecipanti che rappresenti almeno i due terzi del valore della cosa.
Le deliberazioni della maggioranza possono essere impugnate davanti al giudice da ciascun comproprietario dissenziente. Il giudice può annullare la deliberazione non solo quando sia contraria alla legge, ma anche quando sia veramente pregiudizievole alla cosa comune.
Le facoltà di godimento e di disposizione della cosa spettano ai partecipanti alla comunione in modo, per certi aspetti, individuale e per altri, collettivo. Si possono quindi distinguere quattro situazioni, relative le prime due alla facoltà di godimento e altre alla facoltà di disposizione:
1) L’uso della cosa comune: in linea di principio spetta a ciascun partecipante, il quale non
deve però alterarne la destinazione economica e deve comportarsi in modo da non impedirne l’uso da parte di ciascun altro partecipante.
2) L’amministrazione della cosa comune: spetta collettivamente ai partecipanti, che deliberano a maggioranza, ma a maggioranza di quote, non di numero: perciò il singolo partecipante che detenga una quota superiore al 50% può imporre la propria volontà gli altri, anche se costoro sono numericamente in maggioranza.
3) Gli atti di disposizione della propria quota: ciascun partecipante può, senza dover richiedere il consenso degli altri partecipanti alienarla,darla in usufrutto, ipotecarla e così via.
4) Gli atti di disposizione dell’intera cosa comune richiedono, invece, il consenso unanime dei partecipanti.
Ciascuno dei partecipanti può in ogni momento, domandare al giudice di pronunciare la divisione della cosa comune, salvo che si tratti di cosa che se divisa, cesserebbe di servire all’uso cui è destinata. La divisione si attua, se possibile, in natura, ossia trasformando le quote dei partecipanti in parti fisiche della cosa. Se il carattere del bene non consente o rende scomoda la divisione in natura, si procede o alla sua assegnazione in proprietà solitaria ad uno dei partecipanti, versando agli altri il valori in denaro della quota.
Il condominio negli edifici
Riguarda gli edifici composti di una pluralità di appartamenti, formati ciascuno da un piano o da una porzione di piano, che appartengono a proprietari diversi: i singoli appartamenti sono oggetto di proprietà solitaria dei rispettivi proprietari; il suolo, invece, sul quale sorge l’edificio, i muri maestri, i tetti, le scale e le cose destinate all’uso comune sono oggetto di comproprietà fra tutti proprietari di appartamenti.
Le deliberazioni sull’amministrazione sono presi da un’assemblea dei
condomini, minuziosamente regolata dalla legge; se i condomini sono più di 4, è obbligatoria la nomina di un amministratore.
Altro dalla comunione è la cosiddetta multiproprietà: non regolata dalla legge è diffusa, da qualche tempo, nella forma della multiproprietà immobiliare turistica. Un medesimo appartamento viene venduto separatamente più persone, che ne possono godere a turno, ciascuna per un determinato periodo dell’anno.
La multiproprietà è indivisibile.