Il legislatore ha accolto nel 1970 l’istituto del divorzio, benché la legge non faccia riferimento a questo termine e parli invece di scioglimento del matrimonio per i matrimoni civili e di cessazione degli effetti civili per i matrimoni concordatari. Affinché il giudice possa pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio è necessario che:

–              abbia accertato che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita;

–              ricorra almeno uno dei fatti specifici previsti dalla legge: separazione personale dei coniugi ininterrotta per almeno 3 anni; condanna definitiva di un coniuge a pene detentive gravi (ergastolo o detenzione superiore a 15 anni ecc.); scioglimento del matrimonio ottenuto all’estero da un coniuge cittadino straniero o nuovo matrimonio all’estero di un cittadino straniero; mancata consumazione del matrimonio; cambiamento di sesso di un coniuge.

1.            Il procedimento. Il procedimento di divorzio si apre con ricorso presentato da uno dei coniugi presso il tribunale del luogo ove il coniuge convenuto ha la sua residenza o domicilio. Il presidente tenta la conciliazione dei coniugi; se il tentativo fallisce il processo prosegue secondo le modalità ordinarie: in contraddittorio delle parti e con l’intervento del pubblico ministero. Il tribunale, accertata l’esistenza di una delle cause di divorzio previste dalla legge, pronuncia con sentenza lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ordinando all’ufficiale di stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere all’annotazione della sentenza.

2.            Domanda congiunta di divorzio. Accanto al procedimento sopra esposto se ne è recentemente aggiunto un altro: la legge L 74/1987 prevede infatti per i coniugi la possibilità di proporre una domanda congiunta di divorzio, sempre con ricorso. La particolarità di questa domanda è che in essa non ci si limita a chiedere il divorzio, ma è necessario anche indicare compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici: occorre dunque che i coniugi abbiano già concordato quali saranno i loro rapporti economici e le condizioni inerenti ai figli, susseguenti allo scioglimento del matrimonio.

3.            La sentenza di divorzio. Lo scioglimento del matrimonio civile e il venire meno degli effetti civili del matrimonio canonico hanno l’effetto di far riacquistare ai coniugi la libertà di stato, permettendo quindi loro di risposarsi. Cessano inoltre cc 143 i diritti e i doveri matrimoniali, ma restano da sistemare i rapporti economici tra gli ex coniugi e i doveri verso i figli: di tutto ciò si occupa appunto la sentenza di divorzio. La legge prevede che con la sentenza di divorzio, il giudice possa fare nascere in capo a un coniuge l’obbligo di somministrare periodicamente all’altro un assegno, a condizione che questi non abbia mezzi adeguati o non possa comunque procurarseli per ragioni oggettive. In seguito al divorzio sorge il problema a quale dei coniugi affidare i figli nati o adottati durante il matrimonio: la decisione, così come ogni altro provvedimento relativo alla prole, spetta al tribunale, che dovrà tenere esclusivamente conto dell’interesse morale e materiale dei figli. La legge prevede la possibilità di disporre l’affidamento congiunto (il figlio è affidato contemporaneamente a entrambi i genitori) o alternato (il figlio è affidato ora all’uno ora all’altro per periodi stabiliti), sempre che lo ritenga utile, tenuto conto dell’interesse del minore.

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