Le limitazioni che la legge pone all’esercizio dei diritti da parte delle persone fisiche sono determinate da un’esigenza di protezione. La principale conseguenza derivante dagli istituti di protezione è l’inefficacia giuridica risolta attraverso il conferimento di poteri ad altri soggetti (la rappresentanza). La sostituzione può avvenire automaticamente, come nella potestà dei genitori, oppure la legge assegna al giudice il potere di indicare i soggetti (tutela e curatela). Nel caso di potestà dei genitori sui figli minori, gli artt. 315 e ss. del c.c. distinguono due fasce di potere, una di natura personale, l’altra di natura patrimoniale. Nella prima si comprendono i doveri di custodire, allevare, educare, di fissare la residenza e la rappresentanza legale. Potere di natura esclusivamente patrimoniale è quello che la legge conferisce ad entrambe i genitori per l’amministrazione dei beni e per l’usufrutto legale sui beni dei figli. Sui frutti percepiti vi è un vincolo di destinazione: hanno l’obbligo di destinarli al mantenimento della famiglia e all’educazione dei figli. Nel caso della tutela dei minori e degli interdetti, qualora manchi chi assuma la potestà dei genitori, l’ordinamento provvede alla sostituzione nell’attività mediante altri soggetti. La tutela viene aperta presso il giudice tutelare che procede alla nomina del tutore e del protutore, seguendo le indicazioni del genitore, o dei parenti prossimi o del giudice medesimo. Il protutore rappresenta il minore nel caso di conflitto interessi fra questi e il tutore. Il potere che esercita il tutore è quello della rappresentanza. Nel terzo caso abbiamo la curatela. La funzione del curatore è quella di integrare una capacità di agire che la legge ha semplicemente limitato ma non soppresso. Essi possono compiere da soli una serie di atti di carattere personale e di natura patrimoniale non eccedenti l’ordinaria amministrazione. Gli atti compiuti dall’incapace legale sono annullabili.