Nozione di danno patrimoniale e non patrimoniale. Danno emergente e lucro cessante
Il danno patrimoniale può consistere nella perdita, nella distruzione o nel danneggiamento di un bene patrimoniale, nella perdita di un guadagno o nella sopravenuta necessità di compiere determinate spese.
Nell’ambito del danno patrimoniale si distingue tra danno emergente e lucro cessante.
Il primo consiste in una diminuzione del patrimonio; il secondo consiste nell’esclusione di un incremento patrimoniale che si sarebbe verificato in mancanza del fatto dannoso.
Il danno non patrimoniale consiste nella perdita o lesione di un bene personale, che non possa essere oggetto di scambio e di valutazione economica.
In ogni caso il danno è risarcibile solo se deriva dalla lesione di un interesse lecito e degno di tutela giuridica; per questo motivo il guadagno derivante da un’attività illecita non è risarcibile a titolo di lucro cessante.
Causalità di fatto e condizione sine qua non
Il danno è risarcibile solo se è conseguenza dell’atto illecito. L’atto illecito deve essere condizione necessaria dell’evento dannoso. Il risarcimento del danno è escluso quando questo, anche in mancanza dell’atto illecito si sarebbe verificato ugualmente e nello stesso momento, e sarebbe rimasto definitivamente a carico del danneggiato.
Solo quando è presente il rapporto di causalità di fatto e di condizione necessaria si può parlare di conseguenza dannosa.
Concorso di responsabili
Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate al risarcimento del danno. La loro responsabilità è solidale: ciò significa che il danneggiato può pretendere anche l’intero risarcimento da uno solo dei danneggianti; colui che ha risarcito il danno potrà poi rivalersi nei confronti dei corresponsabili, nella misura determinata dalla gravità della colpa di ciascuno e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate (art. 2055 c.c.).
La corresponsabilità può derivare da una condotta illecita comune, ma può anche accadere che più persone concorrano a cagionare il medesimo danno operando indipendentemente l’una dall’altra oppure può accadere che la responsabilità dell’agente immediato concorra con quella di chi ha mancato al dovere di sorvegliarlo. La stessa regola si applica nel caso che il danno sia realizzazione di più rischi concorrenti, sottoposti al regime della responsabilità oggettiva.
Con i rischi incolpevoli possono concorrere anche colpe: in tal caso il risarcimento dovrà essere ripartito, nei rapporti interni tra i corresponsabili, in modo adeguato sia alla gravità delle colpe, sia all’entità dei rischi creati.
Colui che ha risarcito il danno avrà però regresso per l’intero se la sua responsabilità senza colpa ha esclusivamente una funzione di garanzia rispetto a una responsabilità che è primariamente altrui.
Concorso di colpa del danneggiato
Il risarcimento può venire ridotto o escluso quando la negligenza o l’imprudenza del danneggiato abbia concorso a cagionare il danno.
Se il fatto colposo del danneggiato ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate (artt. 1227, 2056 c.c.). E’ da ritenersi, però, che questa regola non possa venire invocata dal danneggiante che abbia agito con dolo.
Quanto si è detto si riferisce al fatto dannoso iniziale. Una volta che questo si è verificato, diventa operante l’onere del danneggiato di non aggravarne le conseguenze: il risarcimento no è dovuto per quei danni ulteriori che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (artt. 1227, 2056 c.c.). Questa regola si applica anche se il danneggiante ha agito con dolo.
Con riferimento ad entrambe le ipotesi fin qui considerate, la legge parla di concorso di colpa del danneggiato. L’incapacità naturale del danneggiato esclude la possibilità di configurare un suo concorso di colpa.
Il risarcimento del danno per equivalente
Il danno cagionato da un atto illecito o da un fatto che sia fonte di responsabilità oggettiva deve essere risarcito dal responsabile.
Per lo più il risarcimento si fa pagando al danneggiato una somma di danaro equivalente al danno patrimoniale che egli ha subito sia come diminuzione del patrimonio (danno emergente), sia come mancato guadagno (lucro cessante).
Il lucro cessante va determinato in base al calcolo degli utili che il danneggiato avrebbe conseguito, secondo il prevedibile corso degli eventi, se il fatto dannoso non si fosse verificato.
Oltre al danno già verificatosi può essere risarcito il danno futuro, alla condizione che sia ragionevolmente certo.
Quando si tratta di danni alla persona, devono essere risarcite, in primo luogo, le spese di cura (danno emergente) e il minor reddito dovuto alla sospensione dell’attività di lavoro nel periodo di malattia e alla successiva diminuzione della capacità di guadagno nel caso di invalidità permanente (lucro cessante).
La reintegrazione in forma specifica
Il risarcimento per equivalente costituisce un surrogato. Il danneggiato non è tenuto ad accontentarsene e perciò può chiedere che venga ricostituita, a spese del responsabile, la situazione che si sarebbe avuta in mancanza del fatto dannoso (reintegrazione in forma specifica (art. 2058 c.c.)).
E’ chiaro, però, che assai spesso la reintegrazione in forma specifica non è possibile. In questi casi deve operare, da soo o in aggiunta alla reintegrazione specifica, il risarcimento in danaro, il quale costituisce il rimedio di applicazione generale.
La riparazione del danno non patrimoniale
La perdita o la lesione di un bene personale che non possa essere oggetto di scambio e di valutazione economica costituisce per sé stessa un danno.
Per definizione, il danno non patrimoniale, non può essere risarcita per equivalente. Tuttavia il pagamento di una somma di danaro al danneggiato gli attribuisce un beneficio che può valere a sollievo o a compenso del torto subito; al tempo stesso, l’obbligo di questo pagamento costituisce una sanzione a carico del responsabile.
Nel diritto italiano la riparazione dei danni non patrimoniali non è imposta in generale, ma solo nei casi determinati dalla legge (art. 2059 c.c.).
Si tratta in primo luogo delle ipotesi in cui il danno derivi da un reato (art. 185 c.p.).
Il danno non patrimoniale è risarcibile anche quando derivi dalla lesione di diritti della personalità che godano di tutela costituzionale, e in particolare dalla lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.).
Accanto alle sofferenze, si fa rientrare nel danno non patrimoniale il danno alla salute o danno biologico.
Altra sottospecie del danno non patrimoniale è il danno alla vita di relazione, o danno esistenziale, che designa quei riflessi negativi che l’illecito provoca sulle relazioni affettive familiari, sui rapporti sociali, le attività culturali, gli svaghi, i divertimenti, senza peraltro incidere sulla salute del soggetto danneggiato.
Azione inibitoria
La reazione che l’ordinamento giuridico offre contro l’atto illecito mira preventivamente ad impedirne il compiersi, e successivamente ad eliminarne le conseguenze.
Nelle ipotesi eccezionali in cui l’urgenza del pericolo non consente altro rimedio, la legge permette al privato di difendersi da sé anche con la forza (art. 2044 c.c.). Fuori di queste ipotesi interviene la difesa pubblica, la quale si manifesta, nel campo del diritto privato, con la concessione al soggetto minacciato di un’azione inibitoria: un’azione, cioè, con la quale si chiede giudizialmente che venga impedito il fatto lesivo. Quest’azione è espressamente concessa in una serie di situazioni particolari.