L’art. 5 del codice disciplina gli atti di disposizione del proprio corpo. Sono leciti solamente quelli che non producono una limitazione dell’integrità del corpo e che non siano contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume. La norma sembra essere il riferimento di una disciplina giuridica del corpo umano. L’origine del principio dell’integrità risale al tempo del nostro codice del 42. La preoccupazione fu quella di disciplinare alcuni atti dispositivi a titolo oneroso riguardanti parti del corpo, di preservare gli obblighi da natura sessuale all’interno del matrimonio e l’idoneità fisica per l’assolvimento degli obblighi militari. Il riferimento patrimoniale si è andato a perdere a favore del principio della libertà del soggetto. (artt. 13 e re Costituzione) Una serie di leggi speciali ha regolato particolari materie connesse all’art. 5. La legge 458/1967 che disciplina la donazione del rene tra persone viventi costituisce un’importante eccezione alla regola affermata nel codice: è indubbio che il prelievo di un rene rappresenti una menomazione fisica permanente che lede l’integrità del corpo. La legge 91/1999 costituisce l’attuale disciplina in materia di trapianto di organi. È bene ricordare che il prelievo di organi è permesso solo a fini terapeutici e vietato a fini di ricerca o sperimentazione. La legge 592/1967 regola la cessione a titolo gratuito del sangue a scopo terapeutico. Il prelievo deve avvenire a seguito di un controllo. La legge 164/1982 riconosce la liceità del trattamento medico chirurgico finalizzato al mutamento del sesso. Anche in questo caso è necessaria l’autorizzazione da parte del tribunale.