Imperativi e permessi
Teorie mite sono anche quelle che ammettono che in ogni ordinamento giuridico vi siano degli imperativi, ma negano che tutte le proposizioni siano imperativi. LA più vecchia delle teorie miste è quella che considera accanto alle norme imperative, le norme permissive cioè quelle che attribuiscono facoltà o permessi. Di fronte a tale distinzione c’è stato chi ha sostenuto che l’essenza del diritto è di permettere, non di comandare e che in questa proprietà va ricercata la differenza tra diritto e morale.
Si tratta della nota tesi di Fichte il quale ha posto la differenza in questi termini: la legge morale comanda categoricamente quello che si deve fare, la legge giuridica permette quello che si può fare, questa tesi può essere considerata come una teoria esclusiva in senso opposto alla teoria esclusiva imperativistica e come tutte le teorie estreme non è sostenibile. Bobbio ritiene che anche la teoria permissiva parziale non colga nel segno. Egli si domanda se la presenza di norme permissive può essere considerata un argomento contro l’imperatività del diritto; ora la funzione delle norme permissive è quella di far venir meno un imperativo e pertanto le norme permissive presuppongono quelle imperative. Se non si partisse dal presupposto della imperatività non vi sarebbe bisogno di permettere.
Bobbio fa ancora due osservazioni: anzitutto, si possono distinguere le norme permissive in base al fatto che facciano venir meno un imperativo precedente nel tempo, e in questo caso funzionano da norme abroganti, oppure un imperativo contemporaneo, e in questo caso funzionano da norme deroganti. In secondo luogo le norme permissive possono essere distinti in positive e negative: le prime sono quelle che permettono di fare e che quindi negano un imperativo negativo (divieto) le seconde sono quelle che permettono di non fare e quindi negano un imperativo positivo (comando).
Rapporto tra imperativi e permessi
Abbiamo visto che le norme permissive sono necessarie là dove c’è un sistema di imperativi a cui viene apportata una abrogazione o una deroga. Ora aggiungiamo che là dove non è presupposto un sistema di imperativi, la situazione del permesso risulta dalla mancanza di norme nel senso che è permesso o lecito tutto ciò che non è né proibito né comandato. Imperativi e permessi stanno tra loro in rapporto di negazione reciproca: le norme imperative limitano la situazione originaria di liceità naturale; le norme permissive limitano le situazioni di obbligatorietà prodotto da norme imperative.
La realtà storica conosce soltanto situazioni in cui la sfera del lecito convive con quello dell’obbligatorio. La formula: ”tutto è permesso tranne ciò che è vietato” designa lo stato liberale, ovvero quello stato che parte dal presupposto della libertà naturale (tutto è permesso), ma ammette che la libertà naturale possa essere limitata attraverso norme imperative; la formula: ”tutto è vietato o comandato tranne ciò che è permesso” designa lo stato socialista ovvero quello stato che parte dal presupposto della non libertà dell’individuo (tutto è vietato) salvo introdurre caso per caso mediante norme permissive sfere ben delineate di liceità.
Saremmo più vicini alla realtà se dicessimo che in ogni stato vi sono situazioni corrispondenti alla prima formula e situazioni corrispondenti alla seconda; questa differenza di situazioni corrisponde grosso modo alla tradizionale distinzione fra la sfera del diritto privato e quella del diritto pubblico. Quando noi leggiamo il codice civile, lo leggiamo avendo in mente il presupposto che tutto quello che non è in esso prescritto è permesso; quando leggiamo una costituzione la leggiamo con in mente il presupposto che tutto quello che non è in esso espressamente autorizzato è proibito.