Riguardo al primato della legge, uno studioso di diritto commerciale doveva per forza dimostrare l’inconsistenza storica di tale idea. Infatti il diritto commerciale era soprattutto consuetudinario e prima di diventare un settore del diritto dello stato era stato diritto dei privati e questa origine non potrà mai essere dimenticata perchè i privati continuano comunque a manipolarlo, modificarlo, riplasmarlo. Gli studiosi di diritto commerciale avevano poi rimesso in onore tra le fonti del diritto la natura delle cose in cui Ascarelli vedeva un BISOGNO REALE nato per disciplinare rapporti economici che in parte si svolgono fuori dalla sfera di dominio diretto del potere statale. Successivamente Ascarelli si mise a analizzare il rapporto diritto-società (non affrontando mai la pluralità degli ordinamenti giuridici) dicendo che le norme vengono poste in relazione alle esigenze della vita consociata e quindi la loro spiegazione e’ nel terreno della storia. Il diritto è storia quindi (verso Jhering e giusnaturalismo) e non frutto di ragionamenti astratti dei giuristi in tempi di conflitti e lacerazioni sociali. Questo pensiero richiama quello del giudice Holmes che aveva iniziato la sua opera sul diritto comune dicendo: “Il diritto non è logica, ma esperienza”. Il termine esperienza può esser visto come sinonimo del termine storia e in entrambi i casi si celava un duplice avvertimento: considerare il diritto nella pratica e non sui libri (questo discorso fu importante per Ascarelli proprio su diritto dell’impresa in quanto un diritto così sensibile alle esigenze dello sviluppo economico era in continua trasformazione creando nuove regole che potevano modificare le antiche senza che il giuridico lo vedesse (si pensi anche al fenomeno della produzione di massa): il diritto spontaneo) e cogliere nel lavoro dell’interprete un momento della valutazione e della creazione. Il problema del rapporto diritto-società allora era soprattutto un problema tra diritto (certo tipo di ordinamento) e economia (certo sistema economico). Addirittura una volta pensò al fatto poi mai approfondito che il diritto facesse parte del sistema economico: ciò era il riflesso di un’ideologia reazionaria che voleva che il diritto non intervenisse a trasformare per il vantaggio di classi diseredate il sistema economico esistente. Questo nesso costituì comunque la premessa per una più rigorosa impostazione metodologica dell’attività del giurista, che studiando un istituto deve guardare alla sua struttura normativa e alla sua funzione economica.