Divenuto professore uni nel 1926, nel 38 fu espulso in quanto ebreo e quindi lasciò l’italia per Parigi scrisse per il “Quaderno”n.13 di Giustizia e libertà dove fece un saggio sulla grande industria italiana. Se ne andò dopo la dichiarazione di guerra italiana in Brasile, dove svolse attività professionale universitaria che conservò tornato in Italia. In tutti questi anni d’esilio la sua opera fu rivolta allo studio di problemi tecnici del diritto positivo italiano e brasiliano. L’opera più importante sono le “istituzioni di diritto commerciale”. In questa fase non cominciò tuttavia la sua teoria sull’interpretazione, si limitò solo a enunciare i termini del problema quando richiesto. In “La funzione del diritto speciale e le trasformazioni del diritto commerciale” dopo aver distinto una considerazione dogmatica da quella storicistica dei rapporti diritto speciale/diritto comune, contrappone la statica giuridica (dei giuristi) alla dinamica, intesa come lo studio del diritto vivente non solo dichiarativo ma anche creativo. L’interprete dovrà poi effettuare una valutazione delle regole e le controversie andranno poi spiegate sul metodo dell’interpretazione (tre punti saldi della successiva teoria dell’interpretazione). Successivamente poi la sua attenzione si sposta sul diritto comparato a cui non era rimasto estraneo in quanto cresciuto nella scuola dello storicismo. Egli ritiene che lo studio dei vari sistemi giuridici era un ampliamento del metodo storico, un aspetto dello studio globale del diritto che permetteva una comprensione adeguata del fenomeno giur, insieme storico e sociologico. Il diritto comparato può esser considerato un ponte di passaggio tra gli studi di teoria generale dei primi anni e degli ultimi, dopo la parentesi dedicata al diritto commerciale e comparato appunto. Sempre il diritto comparato per lui rivelava le premesse morali, storico-sociali da una parte e la soluzione giuridica dall’altra.