L’originalità del ricorso per annullamento istituto consiste nel fatto che è accessibile tanto agli Stati quanto ai privati con una differenza fondamentale, tuttavia, che abbiamo già anticipato.

Gli Stati membri, la Commissione e il Consiglio possono far ricorso contro qualsiasi atto comunitario avente efficacia obbligatoria per qualsiasi motivo di legittimità (vedi sotto) ed anche se i loro interessi non ne siano toccati.

Quando invece a promuovere il ricorso è un privato, l’esperibilità cioè la ricevibilità del ricorso (cui farà seguito l’esame del merito) è subordinata alla seguente condizione: che la decisione dell’istituzione comunitaria (qui si tratterà generalmente del Consiglio o della Commissione) sospetta di incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del Trattato e di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, ovvero di sviamento di potere, sia stata presa nei suoi confronti, oppure di decisioni che «pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone» riguardano il ricorrente direttamente e individualmente.

Questa ultima condizione segna la differenza nel regime del ricorso di Stati, Consiglio e Commissione da una parte e privati dall’altra. Essa peraltro si spiega agevolmente riflettendo che ai primi compete il ruolo di garanti del sistema comunitario: il loro potere di agire per l’annullamento non può quindi essere subordinato all’esistenza di un pregiudizio dei loro interessi. I privati hanno tuttavia una compensazione nella possibilità di impugnare indirettamente la legislazione comunitaria secondaria avanti i tribunali nazionali, purché vi siano norme statali di attuazione, promuovendo poi il giudizio incidentale di validità .

La legittimazione dei privati ad impugnare atti comunitari non crea problemi allorquando si tratta di decisioni individuali di cui i ricorrenti sono destinatari (come avviene per esempio in materia di concorrenza).

Il caso è più complesso quando l’atto impugnato è un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, dal momento che il ricorrente, in questo caso, deve dimostrare che l’atto lo riguarda direttamente ed individualmente (art. 230, 4° co.).

Per fare un esempio, il produttore di frutta di tipo x Tizio può provare di essere danneggiato da un regolamento in materia di produzione di frutta di quel tipo e, per questo fatto, ritenersi autorizzato a rivolgersi alla Corte per chiederne l’annullamento (v. CGCE 14-XII-1962, causa 16-17/1962, in Raccolta, p. 901). Il suo ricorso non potrà, tuttavia, essere considerato ricevibile perché gli fa difetto l’interesse ad agire presupposto dalla norma, che sorge soltanto quando l’atto, rivestito della forma legale del regolamento riguarda Tizio direttamente ed individualmente e non in quanto importatore (perché questa è una qualità che anche altri possono assumere).

Così ha deciso la Corte nella germinale sentenza Plaumann (CGCE 15-VII-1963, causa 25/62, in Raccolta, p. 195) dove ha statuito che «una persona fisica o giuridica può sostenere che una disposizione la riguarda individualmente soltanto qualora detta disposizione controversa la tocchi a causa di particolari circostanze atte a distinguerla dalla generalità» (oppure – precisazione della giurisprudenza successiva – “quando, in ragione di una circostanza di fatto che lo distingue da chiunque altro, (il ricorrente) si possa considerare come individualmente interessato”).

Nella sentenza Plaumann, che ha inaugurato una giurisprudenza molto restrittiva nei confronti dei ricorsi dei privati, la Corte fa rilevare che il ricorrente (si trattava del ricorso contro una decisione rivolta alla Germania che negava a questo paese il diritto di porre in essere una misura doganale in materia di importazione di agrumi), uno dei trenta importatori di clementine in Germania, non era toccato dalla misura individualmente, ma in quanto importatore di agrumi «cioè a causa di un’attività commerciale che può essere sempre esercitata da chiunque e non è quindi atta ad identificare la ricorrente».Quindi vi era sì un interesse diretto, date le conseguenze che il regolamento aveva sulla posizione del ricorrente, ma non un interesse individuale).

Ma potrà il ricorso essere proposto da un organismo che rappresenta tutti i produttori danneggiati, come Tizio, da quel regolamento? La Corte si è espressa negativamente (sent. cit.) ed ha anche affermato che non può essere impugnata neppure una decisione indirizzata ad uno Stato la quale, a causa della specificità del prodotto che ne costituisce l’oggetto, riguarda un solo importatore (cfr. CGCE 14-VII-1983, causa 231/82 in Raccolta, p. 2559). In seguito la Corte preciserà che “per creare le particolari circostanze atte a distinguere il destinatario legittimato a ricorrere occorre una disposizione di diritto superiore che impone all’autore di tener conto della situazione particolare di alcuni operatori” (17-I-1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki c. Commissione, in Raccolta, p. 207).

Un riconoscimento pieno dei diritti del singolo nei confronti di un regolamento, senza bisogno di dimostrare che si trattava di una decisione (come sembra richiedere l’art. 230 dove parla di una decisione che ha l’apparenza di un regolamento) si trova però nel caso Codorniu (CGCE 18-V-1994, causa C-309/89, Raccolta, p. I-1853) preceduto da Extramet (la Corte 16-5-1991, causa C-358/89, Raccolta, p. I-2501 in Extranet ha affermato esplicitamente che i provvedimenti antidumping possono, senza perdere la loro natura regolamentare, colpire in modo individuale determinati operatori economici).

La Codorniu, società di diritto spagnolo produttrice di vini, chiedeva l’annullamento di una disposizione contenuta nel regolamento CEE del 19 giugno 1989 relativo alla disciplina dei vini spumanti che riservava la dicitura crémant ai vini elaborati in Francia e nel Lussemburgo. La Codorniu faceva valere di essere titolare dal 1924 di un marchio spagnolo Gran cremant de Codorniu: riservando la denominazione crémant ai soli produttori francesi e lussemburghesi la disposizione comunitaria danneggiava Codorniu. La Corte accoglie il ricorso e annulla la disposizione respingendo l’obiezione del Consiglio che il regolamento aveva una natura autenticamente normativa (e non era una semplice “apparenza di regolamento”). Ad avviso della Corte l’incidenza “individuale” del regolamento discendeva dal fatto che avrebbe impedito a Codorniu di fare uso del suo marchio di denominazione .

Da ultimo il TPG (27-VI-2000, cause riunite T-172/98 e altre) ha ammesso l’impugnabilità ad opera del singolo, di una direttiva che lo riguardi direttamente e individualmente.

La persona fisica o giuridica che propone il ricorso può essere estranea alla Comunità (ad es. un’impresa giapponese o statunitense: CGCE 21-II-1984, causa riunite 239 e 275/82, Allied Corporation, in Raccolta, p. 1005). Ricorrente può essere anche una persona giuridica di diritto pubblico, come un comune, una regione autonoma, lo Stato membro di una federazione, ma sempre come ricorrente non privilegiato .

 

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