Questo tipo di ricorso ispirato dal recours pour excès de pouvoir del diritto francese, ma adattato ai caratteri specifici della costruzione comunitaria, è disciplinato in maniera analoga nella CE e nell’Euratom.
Per effetto dell’art. 230 (già 173), il controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti comunitari è di competenza esclusiva del giudice comunitario e precisamente:
del personale e per i ricorsi – tribunale di primo grado per le controversie con il presentati dai privati (in entrambi i casi la Corte sarà giudice d’appello);
della membri e delle istituzioni (i – Corte di giustizia per i ricorsi degli Stati cosiddetti «ricorrenti privilegiati»).
Oggetto dell’impugnativa sono:
gli atti e dal Consiglio; – adottati congiuntamente dal Parlamento europeo
gli atti – del Consiglio;
gli atti – della Commissione;
gli atti – della Banca centrale europea
«che non siano raccomandazioni e pareri» (ciò si riferisce a tutti e quattro i casi);
– gli atti del Parlamento europeo «destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi».
Il TUE ha istituito (art. 35) un controllo giudiziario sugli atti di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, che però è riservato alla Commissione ed al Consiglio.
Soggetti legittimati a proporre il ricorso sono, nella formulazione attuale dell’art. 230 notevolmente modificata rispetto al testo primitivo:
uno Stato – membro qualsiasi;
il – Consiglio;
la – Commissione;
il questi tre, soltanto « – Parlamento europeo, la Corte dei conti, la BCE (ma,per salvaguardare le proprie prerogative», onde sovente vengono definiti “semi-privilegiati”);
A questi si aggiungono le persone fisiche o giuridiche (che sono ricorrenti non privilegiati, in opposizione a Stati, Consiglio e Commissione che sono ricorrenti privilegiati).