L’esistenza di una competenza «esterna» della CE – la quale può essere conferita espressamente o, come abbiamo visto, «derivata» – non significa che essa abbia sempre carattere esclusivo, cioè che solo la Comunità abbia il diritto di esercitarla, come emerge dai casi AETR e Kramer.

Una competenza esclusiva esiste solamente nel campo della politica commerciale e in quello della pesca.

La Corte di giustizia ha sostenuto appunto l’esigenza di una competenza esclusiva della Comunità: quanto alla politica commerciale nella sent. 15-XII-1976, causa 41/76, Donckerwolche, in Raccolta, p. 1921: “poiché l’art. 13, par. 1, ha conferito alla Comunità una competenza generale in materia di politica commerciale, i provvedimenti di politica commerciale di indole nazionale sono ammissibile, dopo la scadenza del periodo transitorio, solo se specificamente autorizzati dalla Comunità” e quanto alla pesca nella sentenza 5-V-1981 (“La competenza ad adottare, nell’ambito della politica comune, i provvedimenti destinati alla conversazione delle risorse ittiche spetta pienamente e definitivamente alla Comunità”; v. sotto). Soltanto a queste due sentenze fa riferimento la Corte nel parere 2/91 del 19-III-1993 (Raccolta, p. I-1061) per indicare i casi in cui la la competenza che discende da una norma del Trattato esclude una competenza “parallela” degli Stati membri.

La competenza della Comunità in materia di politica commerciale ha una certa base testuale nell’art. 133.

È ovvio, del resto, che così debba essere dal momento che, come dispone l’art. 133 (già art. 113), par. 1, del Trattato CE, la politica commerciale «è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni». Politica commerciale significa infatti accordi doganali e tariffari, e quindi libera circolazione delle merci. Non si può pertanto ammettere che gli Stati, conservando dei poteri in proposito, possano creare dei varchi nel mercato comune. Questo è concepito come una zona unica di libera circolazione delle merci presidiata da una barriera esterna, la creazione e la gestione della quale sono compito della Comunità. La Corte lo ha dichiarato in diverse occasioni.

Per quanto riguarda la pesca la competenza esclusiva della Comunità si fonda su di un incrociarsi di una serie di atti internazionali (tra cui l’Atto di adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito alla Comunità) che hanno condotto ad una celebre sentenza in cui la Corte di giustizia (5-V-1981, causa 804/79 in Raccolta, p. 1045) ha dichiarato che «a partire da quella data (cioè la fine del periodo transitorio previsto dall’Atto di adesione) gli Stati membri non hanno più il diritto di esercitare una competenza propria nella materia della conservazione delle risorse marittime e non potrebbero agire che in mancanza di un’azione appropriata del Consiglio e soltanto come gestori dell’interesse comune».

Fuori del campo della competenza normativa esclusiva (che si proietta nei rapporti internazionali) affinché sussista la competenza esclusiva della Comunità a concludere accordi occorre che siano state adottate delle «norme comuni» (si veda la sentenza AETR, sopra, p.).

Vi sono poi le materie – ricerca, sviluppo tecnologico, protezione dell’ambiente, cooperazione (vedi sopra, p. 290) – nelle quali il Trattato prevede esplicitamente una competenza della Comunità a concludere accordi concorrente con quella degli Stati membri.

La definizione dei casi di competenza esclusiva della Comunità non appare in definitiva del tutto chiarita. Fermo restando, come sancito dal caso Kramer (CGCE 14-VIII-1976, cause riunite 3, 4 e 6/76, in Raccolta, 1976, p. 279), che la semplice esistenza di una competenza derivata non conduce all’affermazione del potere esclusivo della Comunità se non vi è stato un trasferimento di poteri nella sfera interna disposto dal Trattato o dall’esecuzione di esso, la competenza interna può dar luogo alla competenza esterna soltanto se è stata esercitata (CGCE parere 2/92 del 24-III-1995, in Raccolta, p. I-525).

Quest’ultimo punto è affermato anche nel parere 1/94 del 15-XI-1994 (in Raccolta, p. I-5267) relativo all’adesione della Comunità all’Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS) e dall’Accordo relativo agli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIP). La Commissione pretendeva di avere competenza esclusiva a concluderli per effetto della loro appartenenza alla politica commerciale. La Corte respinge questa tesi osservando quanto segue: «La Comunità ha certamente competenza ad armonizzare le norme nazionali sui punti sopra ricordati, purché queste abbiano, per rifarsi all’espressione di cui all’art. 100A del Trattato “un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune”. Tuttavia le istituzioni comunitarie non hanno finora esercitato le loro competenze nel settore degli “strumenti con cui ottenere l’osservanza dei diritti di proprietà intellettuale”, salvo per quanto attiene al summenzionato regolamento n. 3842/86, sul divieto dell’immissione in libera pratica delle merci contraffatte».

E la Corte conclude: «Dalle precedenti considerazioni risulta che vi è una competenza congiunta della Comunità e degli Stati membri a concludere il TRIP».

Lascia un commento