Formano il reddito d’impresa anche quegli elementi reddituali che sono oggetto di stima a fine esercizio, cioè che costituiscono il frutto d’un’attività valutativa dell’imprenditore. Le rimanenze possono esser valutate o “ a costi specifici” (cioè con la valutazione singola delle rimanenze in base ai costi d’acquisto o di produzione riferiti a ciascun bene, come desumibili da scritture contabili: si usa ciò quando i beni da valutare sono pochi e di alto importo unitario es. appartamenti fatti da impresa edile) o “per categorie omogenee” (quando c’è il raggruppamento dei beni in gruppi, in base alle loro caratteristiche merceologiche e in funzione del loro valore unitario e si applica generalmente a tutti i beni prodotti in serie. Una volta raggruppati, si dà a ciascun gruppo un valore minimo al di sotto di cui non si possono valutare le rimanenze. Il metodo che si usa prevede che le rimanenze siano valutate sulla base dei costi di acquisto o di produzione più remoti e normalmente più bassi: quindi, considerato che le rimanenze finali sono collocate tra i componenti positivi di reddito, con tale criterio di valutazione il reddito imponibile è sempre più compresso).

 

La valutazione dei titoli non immobilizzati

Vengono ricompresi nella valutazione a fine esercizio, i titoli che in caso di cessione danno origine a ricavi. Le regole per la valutazione sono le stesse previste per il magazzino in senso stretto: titoli devono esser raggruppati in categorie omogenee in base alla natura; nel 1° esercizio ogni titolo è valutato in base al prezzo unitario medio, ottenuto dividendo il prezzo complessivo per la quantità; negli esercizi successivi le maggiori quantità vanno valutate in base al prezzo unitario medio dell’esercizio di formazione, mentre se le quantità sono diminuite si applica il metodo LIFO (vedi questa cosa anche per le categorie omogenee par 25)

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