Si ha invece doppia imposizione o quando l’amministrazione colpisce lo stesso oggetto più volte presso lo stesso soggetto o lo colpisce nei confronti di più soggetti.
Secondo la giurisprudenza il secondo soggetto tassato che vuole agire in duplicazione deve dimostrare la mancata titolaritĂ del debito.
Ma in tale modo il principio verrebbe vanificato perché per contestare la mancanza di titolarità del debito non occorre invocare un altro principio in aggiunta a quello dell’intassabilità per difetto di presupposti.
Diversa dalla doppia imposizione è la doppia riscossione o duplicazione della riscossione, che costituisce motivo di rimborso.
Essa si risolve in un errore materiale ed ha rimedi propri.
Il divieto della doppia imposizione va fatto valere in sede di accertamento, quello della doppia riscossione in sede di rimedi contro gli atti della riscossione.
Le norme di applicazione delle imposte possono essere distinte in due categorie:
norme strettamente legate al presupposto dell’imposta cui si riferiscono;
norme che sono formulate con l’attenzione rivolta non all’oggetto del tributo, ma all’interesse fiscale, alla sicura e sollecita riscossione od all’interesse del privato ad essere tassato in base a quanto previsto dalla legge.
La giurisprudenza, sia quella ordinaria che quella costituzionale, rileva che molti istituti non sono strettamente legati alla struttura dell’imposta nella cui disciplina sono compresi, ma son posti nell’interesse generale alla riscossione delle imposte o nell’interesse del contribuente, con la conseguenza che essi o si applicano sempre oppure sono illegittimi per irragionevolezza.
Quando un istituto od una regola sia stata introdotta nell’ordinamento tributario come disposizione di legge relativa ad un singolo tributo, ma senza essere per forza legata alla struttura di quel tributo, la mancata applicazione di essa ad altri tributi provoca disparità di trattamento.
Il problema della disparità di trattamento può esser risolto sul piano interpretativo dallo stesso giudice di merito.