Nell’ambito degli obblighi di versamento, quest’ultimo può assumere la duplice forma del versamento diretto da parte del contribuente o del pagamento susseguente all’iscrizione a ruolo dell’imposta da parte dell’Amministrazione. La caratteristiche principali del versamento diretto consistono:
- Nell’insussistenza di una preventiva determinazione amministrativa degli importi dovuti;
- Nell’essere la P.A. soltanto destinataria di somme sulla quali non può ancora vantare pretese giuridicamente rilevanti;
- Nell’avere ad oggetto importi a volte dovuti a titolo di acconto per imposte future.
Inoltre, bisogna aggiungere che la disciplina dei versamenti diretti è fortemente basata dall’intento di avvicinare il più possibile l’acquisizione del tributo al verificarsi dei fatti che lo giustificano. Questo obiettivo viene raggiunto in vari modi.
Nel campo delle ritenute alla fonte è previsto il versamento mensile delle ritenute relative alle somme erogate nel mese precedente;
Mentre, nel campo dell’IVA è previsto che il soggetto passivo deve versare mensilmente, per le operazioni effettuate nel mese precedente, la differenza tra l’imposta riscossa sulle vendita e quella subita sugli acquisti, con la possibilità di rinviare al mese successivo le eventuali eccedenze di IVA detraibile. Inoltre è previsto un conguaglio finale da farsi in sede di dichiarazione annuale, dalla quale può derivare un vero e proprio credito del contribuente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria;
Nel campo delle imposte sui redditi, invece, esiste anche l’obbligo di versare, nel corso dell’anno, acconti in base ai risultati dell’anno precedente, e da detrarre dalle imposte effettivamente dovute in base alla dichiarazione finale. Più precisamente, la legge prevede che i soggetti passivi delle imposte sui redditi devono ogni anno versore a titolo di acconto dell’imposta dovuta per il periodo d’imposta in corso, un importo pari al 98% dell’imposta relativa all’anno precedente, come indicata nella dichiarazione dei redditi.
Questo acconto obbligatorio è suddiviso in due rate: la prima da corrispondere per il 40% in sede di presentazione della dichiarazione dell’anno precedente, e la seconda per il residuo 60% entro il 30 novembre successivo. Questa disciplina è prevista per eliminare le disparità tra i soggetti che percepiscono redditi soggetti a ritenuta alla fonte (che subiscono l’imposizione man mano che gli stessi redditi maturano) e gli altri contribuenti (che, in assenza di acconti, subirebbero l’imposizione solo molti medi dopo la chiusura del periodo d’imposta.
I diritti a deduzioni e detrazioni
I diritti a deduzioni e detrazioni rappresentano situazioni soggettive attive del contribuente. Il legislatore usa espressioni differenti per qualificare questi diritti. Esso si avvale di solito delle espressioni “deduzioni” e “detrazioni”. Ma, a volte vengono utilizzate altre espressioni, come credito d’imposta (per la detraibilità delle imposte sui redditi prodotti all’estero), riporto (per la deducibilità di perdite maturare in precedenti periodi d’imposta), ecc. In ogni caso, questi diritti possono essere suddivisi in due grandi categorie, appunto, nella categoria delle deduzioni e in quella delle detrazioni. Le prime incidono sul valore della base imponibile (riduzione della base imponibile), mentre le seconde incidono sull’imposta (riduzione dell’ammontare dell’imposta).
Per quanto riguarda la disciplina di questi diritti, diciamo che possono essere esercitati validamente solo nelle forme e nei termini previsti dalla legge, ed inoltre sono subordinati all’osservanza degli obblighi di registrazione e di dichiarazione. Infine, è opportuno precisare che i crediti d’imposta sono delle detrazioni che possono suddividersi in crediti d’imposta strutturali, e non strutturali. I primi si hanno quando essi sono un elemento interno della struttura di un tributo; mentre i crediti d’imposta non strutturali si hanno quando il credito d’imposta rappresenta lo strumento per l’erogazione di contributi pubblici.