Nella fattispecie tributaria vanno distinte nettamente le norme di definizione del fatto tassabile da quelle probatorie, da quelle cioè che hanno la funzione non di descrivere ma di rappresentare.
Un terzo ordine di norme è quello relativo alla determinazione della base imponibile.
Il problema più delicato nella materia in esame è l’uso e l’abuso delle presunzioni: sia quelle assolute che quelle relative sono frequenti nel nostro ordinamento tributario ed hanno il fine di evitare l’evasione fiscale.
Le presunzioni relative invertono solo l’onere della prova (che normalmente incombe alla finanza), il problema della legittimità costituzionale si risolve nella loro idoneità a rappresentare il presupposto economico (in base alla comune esperienza: id quod plerumque accidit).
La presunzione assoluta non ammette la prova contraria, e pone un problema che non è di accertamento presuntivo, ma di parificazione ai fini fiscali di manifestazioni diverse di capacità contributiva.
Le formule che la legge impiega sono: “l’imposta si applica inoltre”; “sono altresì soggetti all’imposta”; “ai fini della presente legge si considerano come”; etc.
Occorre distinguere nettamente il profilo dell’esistenza del debito da quello della determinazione.
Rispetto ad un concetto generale di fatto tassabile, le diverse ipotesi che la legge pone non possono essere tutte allineate in una acritica configurazione di presunzioni assolute, anche quando la legge tributaria dovesse impiegare il termine di “presunzione”.
Abbiamo prima di tutto le esemplificazioni legali, non necessarie dal punto di vista concettuale, ma di grande rilievo pratico.
Seconda categoria è quella dell’assimilazione in senso lato, la contemplazione cioè di casi estranei alla definizione generale di un’imposta, ma che vengono sottoposti allo stesso trattamento per equiparazione di capacità contributive.
Esempio: la legge tratta come reddito di capitale una ricchezza che non lo è.
La qualifica di “presunzione” è relativa ai fatti che vengono assunti dalla legge tributaria come fatti rappresentativi di fatti tassabili; es. la spesa per provare il reddito.
Tali fatti non sono essi oggetto di tassazione.
Gli scopi delle presunzioni fiscali sono ravvisati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in due punti: dare certezza e semplicità al rapporto tributario e consentire una pronta e regolare percezione di tributi, ed evitare l’evasione.
La presunzione come tale non è contraria alla Costituzione.
Ma non è sufficiente che la presunzione abbia i requisiti della logicità e della rispondenza alla comune esperienza per essere costituzionale.
Se la presunzione non consente smentite, non ammette cioè la prova contraria, e quindi può dar luogo ad applicazioni ingiustificate, essa è incostituzionale.
La giurisprudenza costituzionale ha costantemente riconosciuto la necessità che le presunzioni, per poter essere compatibili con il principio di capacità contributiva, devono essere confortate da elementi concretamente positivi che le giustifichino razionalmente.
Se l’imposta deve collegarsi ad un presupposto certo, provato e non solo probabile, il divieto della prova contraria alla presunzione fiscale esclude che ci si possa trovare in presenza di quella certezza assoluta di presupposto di cui parla la Corte.
Il contribuente dunque deve avere il diritto di provare l’effettività del reddito soggetto all’imposizione.
Perché la presunzione fiscale sia costituzionale si richiede dunque non solo che essa sia logica e rispondente ai dati della comune esperienza, ma che ammetta la prova contraria.
Tale discorso vale anche quando la presunzione abbia una funzione antifrode.
Con riguardo ai criteri di determinazione della base imponibile diventa prevalente l’esigenza della semplificazione.
Il punto di riferimento d’obbligo diventa il sistema catastale: il reddito dei fondi non è un reddito effettivo, ma un reddito medio ordinario.
Se il quantum è dato dalla presunzione di elementi probabili, la prova contraria dovrebbe essere sempre ammessa.
La presunzione è il processo impositivo avente la funzione di dare certezza e semplicità al rapporto tributario.
La presunzione è verità giuridica, avente come substrato fatti giuridici di difficile accertamento.
La forfetizzazione, se i criteri posti a base di essa rispondono alla comune esperienza, non appare contraria alla Costituzione, anche se non è ammessa la possibilità di una determinazione con criteri di effettività.
I criteri di forfetizzazione, quando sono ragionevoli e fondati sulla comune esperienza, sembrerebbero non contraddire il principio di capacità contributiva.