Un’imposta può essere preordinata a fini extra-fiscali, essa cioè non è tanto diretta a procurare un’entrata allo Stato ma ad altri fini rispetto ai quali essa assume un profilo strumentale.
Tale profilo strumentale può assumere un altro aspetto: la struttura ordinaria dell’imposta viene modificata in vista dello scopo politico che si vuol perseguire.
Si ha così la funzione disincentivante ed incentivante dell’imposizione.
L’imposta viene impiegata come disincentivo quando ad es. vengono colpiti certi consumi allo scopo di scoraggiarli, senza vietarli.
La forma piena di agevolazione è l’esenzione, consistente in una norma eccezionale che sottrae a tassazione persone o beni che dovrebbero essere tassati secondo la regola.
Una forma attenuata di agevolazione è la riduzione di aliquota.
Possono aversi regimi sostitutivi del regime ordinario, consistenti in schemi di imposizione semplificati che sostituiscono appunto tutte le imposte che dovrebbero colpire una certa ricchezza come il reddito.
Una forma di regime sostitutivo è data dalla ritenuta d’imposta: un reddito di capitale che dovrebbe sopportare con la tassazione ordinaria l’IRPEF o l’IRES viene assoggettato ad una ritenuta da parte di chi lo corrisponde con la conseguenza che quel reddito non dovrà subire nessun’altra tassazione.
Di fronte alla tassazione preordinata al perseguimento di fini extrafiscali si pone il problema della legittimità costituzionale sia sotto il profilo del principio di uguaglianza che di capacità contributiva.
Ora sia le imposte incentivanti che quelle disincentivanti sono costituzionali quando il fine è degno di tutela dal punto di vista dell’ordinamento giuridico.
Una volta stabilito che il fine è degno di tutela la scelta del mezzo prescelto è rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore.
Stabilire se una esenzione od un altro regime agevolato è funzionale rispetto alla politica del risparmio è un giudizio politico che sfugge a censura di costituzionalità.
Anche l’imposizione extra-fiscale deve rispettare il principio di capacità contributiva nel senso che deve avere come presupposto un fatto economicamente rilevante, un fatto che sia manifestazione di ricchezza.