L’amministrazione dell’Italia
Per quanto riguarda l’Italia, essa subì le stesse innovazioni che subì Roma nel corso del principato.
Per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia, le piccole cause vennero affidate ai magistrati municipali mentre le cause in appello sia al prefetto al pretorio che al prefetto urbano. Tutto ciò che sorpassasse la competenza dei singoli comuni, fu affidato ai curatores, estratti dall’ordine senatorio per le strade e dall’ordine equestre per le minori. Questi curatores ebbero anche poteri di amministrazione e di giurisdizione negli ambiti territoriali di loro competenza.
Augusto divise l’Italia in undici regiones, oltre la città di Roma. Indubbiamente, il governo si mostrò sempre particolarmente attento alle situazioni finanziarie locali, che non sempre risultavano essere confortanti. E i curatores non potevano che essere i veri protagonisti di questo scenario politico: essi erano funzionari non magistrati, potevano essere astratti sia dall’ordine senatorio che da quello equestre. Adriano ne nominò ben 4 con poteri di alta giurisdizione negli affari civili e di controllo sulla vita amministrativa delle comunità locali.
L’amministrazione delle province
La distinzione in province senatorie ed imperiali fu il risultato della sistemazione del 27 a.C, in cui Augusto e il senato praticamente si spartirono le loro rispettive sfere d’influenza.
Tale ripartizione metteva in luce assolutamente la posizione di inferiorità del senato e la sua subalternità rispetto all’iniziativa politica del princeps. Ovviamente tutte le province di nuova costruzione furono imperiali. Normalmente, la ripartizione avveniva secondo una logica ben precisa: il princeps era solito assumere il controllo di quelle regioni che avevano necessità di una difesa militare, mentre erano senatorie quelle che non avevano bisogno di stanziamenti legionari. Tale divisione non aveva alcun carattere amministrativo: è stato, infatti, appurato che l’unica differenza amministrativa sarebbe consistita nel fatto che ai governatori delle province imperiali, l’imperatore dava, al momento della partenza, una lista di istruzioni, laddove queste non erano date ai governatori delle province senatorie. Certamente, i governatori delle province, tranne quelle procuratorie, erano astratti tutti dall’ordine senatorio; tuttavia, possiamo affermare con certezza che il princeps intervenisse con certezza nella designazione della maggior parte di loro.
Il senato governava sicuramente le province ricche, civilizzate, importanti, mentre i legati dell’imperatore spesso comandavano in regioni selvagge, inospitali, turbolente. Ma l’imperatore governava veramente, senza limitazioni ed interferenze. I governatori senatori governavano per poco tempo, erano assistiti e condizionati da altri magistrati, avevano accanto funzionari da loro indipendenti nominati direttamente dall’autorità imperiale, con i quali era inevitabile sorgessero conflitti di competenza.
Le modalità di nomina avvenivano mediante sorteggio: il sorteggio si svolgeva fra gli aventi a diritto. Incisiva risultava essere l’anzianità di carica degli aspiranti.
Al governatore della provincia senatoria era dato il titolo di proconsole indipendentemente dalla funzione da lui esercitata in precedenza. Il potere che gli compete consiste formalmente nell’imperium e nella potestas, ma si riduce formalmente all’amministrazione civile ed all’esercizio della funzione giurisdizionale. La durata della carica è annuale ma è prorogata sino all’arrivo del successore ed è suscettibile di iterazione, sulla base di una deliberazione del senato. Nelle province senatorie, i proconsoli erano assistiti da legati e questori, tutti investiti di imperio propretorio. I legati erano nominati dal proconsole, previa autorizzazione del senato e talvolta dell’imperatore: in mancanza di nomina, si procedeva al sorteggio. I questori erano addetti ai proconsoli, in numero di uno per provincia: spettava loro il compito di occuparsi delle questioni finanziarie.
Le province attribuite all’imperatore erano in linea generale governate da senatori, ex-consoli ed ex-pretori, direttamente nominati da quest’ultimi. Tuttavia, alcune province erano amministrate da procuratori di rango equestre. Non era previsto alcun termine legale per la durata della loro carica: in teoria, essa poteva durare sino alla morte dell’imperatore che aveva proceduto alla nomina. In pratica essa si stabilizzò intorno ai 3-5anni.
Il contenuto fondamentale di questo imperium era il comando delle forze armate nella provincia. Per quanto concerneva i collaboratori, il legatus di una provincia imperiale non poteva avere un altro legato alle proprie dipendenze. Mancavano, nelle province imperiali, i magistrati minori addetti alla persona del governatore come i questori nelle province senatorie. Le loro funzioni erano svolte da funzionari imperiali, i procuratores, generalmente con competenze di carattere finanziario: bisogna tener presente il fato che le rendite di queste province andavano, con certezza, al fiscus imperiale. Oltre ai poteri militari, il legatus Augusti aveva anche funzioni amministrative e giurisdizionali. Tuttavia, in alcune province imperiali, si riscontra una particolare figura di legato, il legatus iuridicus, che rappresentava il governatore nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, su tutta la provincia o in alcuni distretti di essa.
C’erano anche province dal cui governo i senatori furono completamente esclusi. Si trattava di province procuratorie, affidate ad esponenti dell’ordine equestre, nominati praefecti o procuratores Augusti. I loro poteri erano ampi e non si esaurivano nell’amministrazione fiscale o patrimoniale. Essi comandavano truppe ausiliare, disponevano di poteri civili e militari. A queste province, può assimilarsi l’Egitto, governato da un praefectus Aegypti, un funzionario sempre di rango equestre.
Le ragioni, tuttavia, per cui l’Egitto aveva un ordinamento differenziato rispetto alle province procuratorie, dipende da diversi fattori. Sotto un primo profilo, fondamentale risultava essere l’importanza economica e politica dell’Egitto. Sotto un altro profilo, invece, si deve tener presente che l’imperatore era considerato successore della dinastia tolemaica, rappresentando questo un vero e proprio filo di continuità tra Roma e l’Egitto stesso. La competenza del prefetto era generale e si estendeva al comando militare, all’attività amministrativa con riferimento alle diverse branche di queste, compresa quella finanziaria e quella giurisdizionale. La durata della carica non era prefissata. Il prefetto stesso era coadiuvato nei suoi compiti da un complesso di funzionari, tra cui il iuridicus è senza dubbio uno dei più importanti. Egli sovraintendeva a molte attività relative all’amministrazione dei beni imperiali. Come il iuridicus, vi erano comunque altri funzionari. Tutti erano accomunati dall’appartenenza all’ordine equestre.
Infine, è importante ribadire come anche nelle province annualmente si radunassero assemblee, che sarebbe troppo definire come organi rappresentativi dei sudditi ma troppo poco considerare come semplici organi addetti a funzioni religiose per il culto dell’imperatore. In realtà , esse assunsero delle competenze specifiche, disposero di una cassa propria e di una propria finanza, dunque, nonché il diritto di emettere moneta, in genere di bronzo, recante la scritta koinòn.