La storia della monarchia romana è caratterizzata da una netta separazione tra:

  • i primi 4 re: d’origine latino-sabina
  • gli ultimi 3 re: di stirpe etrusca

Le testimonianze degli antichi associano la nuova fase della monarchia romana ad una situazione di particolare benessere e di espansione anche politica di Roma e a profonde riforme introdotte nella sua costituzione. Di grande rilevanza furono le riforme costituzionali dei re etruschi e, in particolare, di Servio Tullio, tra cui l’affermazione della proprietà privata della terra, in concorrenza con i più antichi e vasti possessi comuni da parte delle gentes e l’importante accrescimento dell’economia cittadina legata ai commerci e all’artigianato, tali da incidere direttamente sull’assetto politico-istituzionale.

Alla crescente importanza di nuovi rapporti di produzione corrispondeva una struttura sociale nuova, dove il peso dell’aristocrazia si attenuava e dove la sua capacità di controllo dei rapporti di produzione subiva un primo arretramento.

Una serie di individui emarginati, appartenenti agli strati più poveri delle popolazioni, affluì nella Roma etrusca, dando vita a una distribuzione della nuova manodopera nelle campagne ove l’agricoltura era ormai fondata sulla proprietà privata. Tutto ciò comportava inevitabilmente l’affermarsi di nuovi rapporti di produzione, al di fuori del tradizionale sistema della clientela e delle strutture tipicamente gentilizie.

Vennero così a crearsi degli spazi sottratti al controllo delle aristocrazie gentilizie, il cui dominio non fu più totale. Esse divennero una realtà limitata, tale da permettere la nascita di forze potenzialmente concorrenziali. È in questo quadro che si aprirono le condizioni reali per l’affermazione di una forza sociale che tendeva a sottrarsi all’egemonia patrizia e che si identificava unitariamente come «plebe».

I nuovi equilibri erano causa ed effetto del ruolo particolarmente importante assunto dai re etruschi. Da una parte furono un motore di trasformazione, in quanto committenti di opere pubbliche, autori delle divisioni dell’ager publicus in proprietà privata delle singole famiglie, di una politica espansionista più aggressiva, atta ad attirare nuovi elementi in Roma. Dall’altra è indubbio che il rafforzato prestigio del rex derivi dal fatto che egli poteva in parte emanciparsi dal pesante controllo delle antiche aristocrazie che dominavano l’assemblea dei patres, le curie e i collegi sacerdotali.

Il rafforzato prestigio e l’autorità dei re etruschi è l’espressione di un mutato rapporto fra lo Stato cittadino e i suoi membri. In quest’epoca è realizzata una piena e assoluta sovranità della città grazie al venir meno delle funzioni istituzionali delle gentes come elemento di mediazione fra i singoli e le comunità.

Già con Tarquinio Prisco si delinea una significativa linea di politica costituzionale. Egli amplia il numero di senatori sicuramente in risposta ai nuovi problemi legati alla presenza di un più vasto organico della cittadinanza ed all’accresciuta disponibilità di quadri emergenti. L’allargamento del senato spezza il processo di circolazione sociale attuato nelle età precedenti e l’immissione massiccia di 100 o 150 nuovi patres contribuisce all’emersione di un nuovo gruppo sociale: le minores gentes che non si identificano con la precede e aristocrazia gentilizia. Si prepara così, agli inizi della Repubblica, la serrata del patriziato.

Fu però Servio Tullio a trasformare radicalmente l’organizzazione militare delle città e a sostituire radicalmente tutte le strutture di inquadramento della popolazione. Nel suo regno l’assetto cittadino conosce una profonda trasformazione collegata agli altri cambiamenti verificatisi intorno a quell’epoca.

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