Le regioni, pur essendo state introdotte dall’Assemblea Costituente, non furono in realtà un progetto innovativo di quest’ultima. In realtà furono una scelta obbligata poiché, molte volte in passato, erano già state poste in essere proposte in tal senso.
Si ricordi la proposta di Farini prima e del Minghetti poi, che suggerivano di realizzare le Regioni come circoscrizioni di decentramento burocratico.
Ma il precedente che più si avvicina alla proposta della costituente è quella di Luigi Sturzo, che la pose al centro del programma del suo partito popolare, fondato nel 1919.
Tuttavia si dovette attendere la caduta del fascismo per poter mettere in pratica questi progetti.
I primi precedenti si ebbero con il RDL 91/1944 con il quale si istituiva l’Alto commissario per la Sicilia e poco dopo con il RDL 416/1944, che istituiva la Consulta Regionale.
Analoghi organi vennero istituiti in Sardegna, e in Valle d’Aosta invece venne realizzata una circoscrizione autonoma, retta da una Giunta e da un Consiglio e con poteri amministrativi.
In Sicilia la situazione si faceva sempre più problematica, così venne istituito un ordinamento autonomo, il cui fondamento era uno Statuto, elaborato da una Commissione istituita dalla Consulta e recepito con RD lgs 455/1946. L’assemblea costituente lo recepì senza emendarlo con la L. Cost. 2/1948 con la condizione che nei successivi due anni sarebbe dovuto esser aggiornato anche solo con legge ordinaria.
In realtà tale revisione si ebbe solo con la legge cost 2/2001, allo scopo di dare anche ai siciliani la possibilità di eleggere il proprio Presidente a suffragio universale e diretto.
Allo stesso modo vennero approvati gli statuti speciali della Sardegna, Trentino e Valle d’Aosta. In Trentino inoltre, in forza di un accordo siglato da De Gasperi con l’Austria, venne riconosciuta l’autonomia delle province di Trento e Bolzano, rafforzata con L. cost 2/2001.
In seguito si aggiunse anche il Friuli Venezia Giulia, il cui statuto è stato adottato con l. cost 1/1963.
Quindi si comprende come l’Assemblea costituente si trovò di fronte ad una scelta obbligata quando, in seno al “Comitato dieci”, presieduto dall’on Ambrosini, si propose di realizzare le Regioni quale ente intermedio tra Stato e comuni.
La proposta fu ostacolata indistintamente da destra e da sinistra. Unici sostenitori i cattolici. In un secondo momento però la sinistra comprese che, sostenendo i democristiani più innovatori, avrebbe potuto colpire De Gasperi, conservatore. Naturalmente non erano però disposti ad accettare la proposta dei democristiani di affidare alla Regioni una potestà legislativa piena e si dichiaravano disposti ad affidare ad esse solo una potestà integrativo-attuativa. Si arrivò tuttavia ad un compromesso, che permise di riconoscere alla Regioni una potestà ripartita o concorrente.