Gli enti non profit possono svolgere, in via principale o accessoria, attività commerciale qualificabile come attività d’impresa. Pertanto è possibile distinguere enti che svolgono servizi a fini sociali, escludendo a priori la possibilità che venga realizzato un utile, da enti che operano per conseguire un utile (cosiddetto lucro oggettivo), ma che ne precludono l’ appropriabilità individuale (lucro soggettivo), perseguendo il fine mediante lo svolgimento di un’attività d’impresa. In quest’ultimo caso, nonostante gli enti non profit abbiano in comune con le aziende pubbliche la mancanza della finalità di lucro, si distinguono da queste per le motivazioni di fondo dell’esercizio dell’attività: obbligatoria nel caso dello Stato, libera e autonoma nel caso delle organizzazioni non profit.

Lo svolgimento dell’attività d’impresa da parte degli enti non profit non è previsto, ma nemmeno precluso da alcuna previsione legislativa. Di conseguenza la disciplina applicabile a tali enti sarà quella dettata dal codice in tema di persone giuridiche; potendo l’ente non profit assumere qualunque forma organizzata tipica (associazioni, fondazioni e comitati), ad eccezione di quella societaria, troverà applicazione la norma relativa alla forma associativa prescelta. Svolgendo tali enti attività d’impresa, ne deriva che questi acquistano la qualità di imprenditori commerciali, essendo pertanto sottoposti al relativo statuto nonché alla normativa sul fallimento.

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