GeneralitĂ 

La privatizzazione è un fenomeno che comporta una metamorfosi in una logica di riconduzione al diritto privato di tutti quegli enti, istituiti e disciplinati dal diritto pubblico, nonché delle loro attività, dei beni di loro titolarità, del rapporto di impiego del loro personale. La privatizzazione può assumere due caratteri: formale (adozione di una figura giuridica di carattere privatistico al posto di una di carattere pubblicistico) e sostanziale (ingresso dei privati nella proprietà di parte del capitale con la relativa riduzione della proprietà dell’unico azionista pubblico). La privatizzazione si è articolata in tre interventi legislativi principali:

1) Soppressione di imprese-organo ed attribuzione delle relative attività a società per azioni (servizi telefonici attribuiti alla Telecom)

2) Trasformazione di imprese-ente con la previsione di una successiva trasformazione in società per azioni (Poste trasformate poi in Poste s.p.a.)

3) Trasformazione di imprese-ente in società per azioni (BNL)

La natura giuridica delle societĂ  derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici

Tali organismi societari sono riconducibili alla categoria delle s.p.a. anche se sono individuabili profili di specialità: un momento genetico (vengono costituti non in virtù di un contratto o atto unilaterale ma in virtù di un intervento legislativo; la determinazione del capitale iniziale è effettuata dal Ministro del Tesoro sulla base del netto patrimoniale) ed un momento organizzativo-funzionale (il Ministro del Tesoro esercita i diritti dell’azionista secondo le direttive del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro del Bilancio e del Ministro dell’Industria).

L’opinione della giurisprudenza

La Corte Costituzionale esclude che la semplice veste formale di una s.p.a. sia idonea a trasformare la natura pubblicistica di soggetti che continuano ad essere affidatari di rilevanti interessi pubblici e che conservano tutti i caratteri tipici della loro natura pubblicistica. Recentemente il Consiglio di Stato ha affermato che Poste Italiana s.p.a. ed ENEL s.p.a. sono enti pubblici poiché le loro azioni sono attribuite al Ministro del Tesoro che esercita i diritti dell’azionista seppure in modalità differenti nei due casi. Tuttavia l’Autore ritiene che Poste s.p.a. non ha tale natura poiché una recente delibera CIPE ha escluso la previsione dell’intesa con il Ministro delle Comunicazioni per l’esercizio dei diritti dell’azionista da parte del Ministro del Tesoro.

La medesima critica è sollevata nei confronti della qualificazione della natura dell’ENEL poiché la norma alla quale si è riferito il Consiglio di Stato non pone delle deroghe al regime societario tipico poiché quest’ultimo non disciplina la materia regolata da tale disposizione: infatti la stessa norma pone delle regole che incidono solo sulla modalità di formazione della volontà dell’azionista unico e non dell’intera assemblea. Per l’Autore entrambi sono soggetti privati.

Le tecniche di controllo della privatizzazione: authorities e golden share

Le authorities controllano l’attività degli enti pubblici e privati che erogano servizi di interesse generale; devono garantire la libertà economica e controllare la dinamica delle tariffe, assicurare la remunerazione del capitale investito senza pregiudicare le fasce di utenza più deboli.

La golden share è la cosiddetta azione d’oro che conferisce al Ministro del Tesoro ed all’ente locale poteri speciali: a livello di privatizzazione nazionale tali poteri sono previsti in ordine alle nomine degli amministratori, mentre a livello locale è previsto che la cessione da parte del privato del pacchetto di maggioranza delle azioni è soggetto al gradimento motivato dell’ente o degli enti pubblici partecipanti. Tale istituto è stato osservato dalla Commissione europea ed è stato definito in contrasto con il principio della libera circolazione di prestazioni, servizi ed investimenti; per tale motivo si tende ad accentrare questi poteri in capo alle authorities di settore.

Poste e Telecomunicazioni: esempio di trasformazione

La legislazione del 1993 ha previsto la trasformazione di Poste e Telecomunicazioni in ente pubblico economico. Notevole valore ha assunto in tale ambito il contratto di programma diretto a due finalità: risanamento economico e finanziario dell’ente e soddisfacimento degli utenti. Lo schema di contratto è predisposto dal consiglio di amministrazione dell’ente entro 6 mesi dalla nomina e viene presentato alle competenti commissioni parlamentari che rilasciano un parere entro 30 giorni. Dopo il parere il Ministro delle Comunicazioni ed il presidente dell’Ente Poste firmano il contratto di programma. Potere unilaterale sull’attuazione del contratto spetta al Ministro delle Comunicazioni. E’necessario porsi un interrogativo su quali siano le ragioni della forma transitoria utilizzata (ente pubblico) che dopo 3 anni si sarebbe trasformata in s.p.a.:

a) La trasformazione diretta in s.p.a. non dava garanzie di nuovi comportamenti gestionali volti al mercato ed all’efficienza.

b) In tal modo era possibile verificare gli esiti del risanamento

c) L’ente pubblico economico doveva svolgere l’attività secondo criteri di economicità con un’organizzazione ottimale delle risorse.

Successivamente alla trasformazione, l’ente Poste ha attraversato tre fasi: risanamento (fino al 1996), consolidamento (fino al 1998), sviluppo (fino al 2000) con il 1998 data in cui è avvenuta l’effettiva trasformazione in società per azioni. Tuttavia non si è avuta una privatizzazione in senso tecnico poiché il servizio postale restava pubblico ma i criteri della gestione degli sportelli e della distribuzione delle lettere erano propri di una società privata; altra conseguenza fu l’assoggettamento del lavoro dei dipendenti dell’ente Poste alle regole proprie dei rapporti di diritto privato.

L’ “ambigua trasformazione” dell’ente pubblico non economico in associazione o fondazione di diritto privato

Il fenomeno della privatizzazione ha investito anche gli enti pubblici non economici, cioè gli enti previdenziali, gli enti lirici e gli enti culturali, trasformati in associazioni o fondazioni di diritto privato. In realtà per ottemperare agli stringenti vincoli fissati dalle deleghe legislative, si sono verificate delle trasformazioni così dettagliate tanto da annullare quella autodeterminazione che è il nucleo fondante di un ente privato; ciò è accentuato dalla costante presenza dello Stato nelle procedure, ne regime dei rapporti con i privati e nella composizione e numero degli organi di controllo e di vigilanza.

Lascia un commento