Principio del contraddittorio (art. 111 Cost.)
Come detto, il 7 gennaio 2000 è entrato in vigore il nuovo testo dell’art. 111 Cost. che ha affermato il principio del contraddittorio nella formazione della prova (co. 4). Per poter esaminare le scelte effettuate dal legislatore in punto di utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni occorre approfondire il significato del contraddittorio così come è stato recepito dall’art. 111 Cost. Di tale principio si possono fare interpretazioni contrastanti:
- interpretazione restrittiva: l’unica prova utilizzabile per la decisione finale sarebbe quella che si è formata attraverso l’esame incrociato svoltosi nel dibattimento;
- interpretazione estensiva: dovrebbe considerarsi resa in contraddittorio non soltanto la dichiarazione rilasciata nel corso dell’esame incrociato, ma anche quella precedente dichiarazione, resa durante le indagini, che sia stata contestata in dibattimento a colui che nell’esame incrociato ha dato una differente versione dei fatti.
A tale conclusione si perviene affermando che, attraverso la contestazione, si sottopone al contraddittorio anche la precedente dichiarazione difforme, dal momento che il testimone ha modo di essere vagliato su di essa nel corso dell’esame incrociato.
 Al principio del contraddittorio l’art. 111 co. 5 pone tre eccezioni, dal momento che la prova risulta essere utilizzabile anche se si è formata fuori del contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita :
- il consenso dell’imputato ha due ambiti applicativi distinti:
- i riti semplificati (es. giudizio abbreviato), dove il diritto dell’imputato e le esigenze giurisdizionali vengono soddisfatte dalla necessità di assicurare una durata ragionevole al processo (art. 111 co. 2);
- il consenso ad acquisire al dibattimento prove formate fuori dal contraddittorio. A prescindere dalla generica formulazione dell’art. 111 co. 5, tuttavia, l’uso di atti raccolti in modo unilaterale può essere ammesso soltanto se vi consentono quelle parti che non hanno partecipato all’acquisizione dell’elemento di prova e che potrebbero subire un pregiudizio dall’utilizzabilità dello stesso.
Questa interpretazione, peraltro, trova conferma nell’istituto che riconosce alle parti la possibilità di concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva ;
- l’accertata impossibilità di natura oggettiva riconduce a quelle cause che, essendo indipendenti dalla volontà di taluno, possono essere assimilate a situazioni di forza maggiore (non ripetibilità ). In sintesi, occorre che in natura non sia più possibile assumere in contraddittorio quell’elemento di prova.
Il quantum di contraddittorio, tuttavia, perso per motivi oggettivi, viene recuperato nello specifico dibattito sull’esistenza in concreto del requisito dell’impossibilità oggettiva e nella valutazione sull’attendibilità dell’elemento di prova raccolto in modo unilaterale;
- la provata condotta illecita (contra ius), inquinando il contraddittorio, impone di fare ricorso al metodo alternativo consistente nell’utilizzabilità delle precedenti dichiarazioni.
 Principio di inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni
L’art. 526 co. 1 stabilisce che il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento . Tale norma deve essere letta congiuntamente all’art. 514, il quale stabilisce la regola generale in base alla quale non costituisce legittima acquisizione la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese fuori del dibattimento, salvi i casi espressamente menzionati. Alla luce di queste due disposizioni, quindi, le prove dichiarative precostituite sono inutilizzabili salvi i casi eccezionali nei quali espressamente la legge ne consenta l’acquisizione.
 L’art. 526 co. 1 bis, introdotto dalla l. n. 63 del 2001, ripropone testualmente il dettato dell’art. 111 co. 4, ossia vieta di utilizzare come prova della colpevolezza dichiarazioni rese da chi per libera scelta si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore (norma di chiusura).