Va menzionata in primis la “riforma Orlando”, confluita nella L. n. 103 del 2017.

L’obiettivo primario della riforma è costituito dalla razionalizzazione di alcuni specifici profili della materia delle indagini preliminari, della messa a punto di alcuni aspetti dei procedimenti speciali, da un significativo intervento nell’ambito delle impugnazioni.

Allo strumento della delegazione sono stati consegnati, oltre ai già indicati profili del sistema delle impugnazioni, la riforma della disciplina delle intercettazioni telefoniche e delle registrazioni ambientali, anche in relazione all’ uso del captatore informatico nonché quella dell’ordinamento penitenziario.

Sullo sfondo si pongono, le modifiche al sistema penale sostanziale che, incidendo sui tempi della prescrizione, sui limiti di pena per alcuni reati e sulla procedibilità in ordine ad alcuni fatti, non si apprezzano certo per coerenza con gli intenti di deflazione dei tempi del procedimento e del processo.

Viene vistosamente ad ampliarsi il tempo necessario a prescrivere (art. 157 c.p.), con ridefinizione dei termini di decorrenza (art. 158 c.p.), le ipotesi di sospensione (art. 159 c.p.), quelle di interruzione (art. 160 c.p.), nonché gli effetti della sospensione e dell’interruzione (art. 161 c.p.).

Con particolare riguardo alle interferenze di tali aspetti con i profili processuali, può evidenziarsi che a norma del nuovo art. 159 c.p. la sospensione della prescrizione in caso di autorizzazione a procedere decorrerà dalla data della presentazione della richiesta fino al giorno del suo accoglimento; che in caso di deferimento della questione ad altro giudice si protrarrà dal momento del deferimento fino al giorno in cui la questione è decisa; che in caso di rogatoria all’estero opererà dalla data del provvedimento che la dispone sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione domandata e comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria.

Il dato nuovo e poco rassicurante è costituito dalla sospensione della prescrizione dal termine previsto per il deposito ex art. 544 della sentenza di condanna di primo e di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, fino alla pronuncia, nel primo caso, del dispositivo della sentenza che definisce il successivo grado di giudizio, e nel secondo sino alla pronuncia del dispositivo delle sentenze definitive. La sospensione non può comunque essere superiore ad un anno e sei mesi. Si tratta di termini dilatabili corrispondentemente, in presenza di una ulteriore causa di sospensione.

Nell’eventualità in cui l’imputato sia assolto nel successivo grado di giudizio (cioè, in appello), ovvero sia stata annullata dalla Cassazione la sentenza di condanna relativa all’accertamento della responsabilità ovvero dal giudice d’appello che abbia pronunciato declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 604, co. 1, 4 e 5 bis, i termini sospesi saranno recuperati nel computo della prescrizione.

Viene fissato in dieci giorni il tempo di efficacia della riserva di promuovere incidente probatorio e fissato l’obbligo per il pubblico ministero di esercitare l’azione penale o di chiedere l’archiviazione nel termine di tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini e comunque dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415 bis. Per i reati di maggior allarme , il termine è di quindici mesi.

Si stabilisce che nella procedura per essere ignoti gli autori del reato, a seguito dell’individuazione da parte del giudice, il termine delle indagini di, cui all’art. 405 decorre dal provvedimento del giudice . E contingentato in venti giorni (e non più a dieci) il termine per l’opposizione da parte della persona offesa che nel caso di delitti commessi con violenza alla persona ovvero per il reato di cui all’art. 624 bis c.p. sono portati a trenta. È di tre mesi il termine entro il quale il giudice deve fissare l’udienza in caso di mancato accoglimen.to della richiesta di archiviazione e sono tre i mesi quelli in cui, mancando indagini suppletive, il giudice deve provvedere sulle richieste .

Vengono riscritte le situazioni che possono determinare la nullità del provvedimento di archiviazione (art. 410 bis) e a tale aspetto è collegata la sottrazione alla Corte di legittimità del controllo sul provvedimento archiviativo, ora assegnato al giudice monocratico attraverso un mezzo denominato reclamo. La Suprema Corte viene altresì privata del primo controllo sulla sentenza di non luogo a procedere, contro la quale è proponibile appello e, solo in esito al giudizio di secondo grado di merito, ricorso per cassazione per violazione di legge.

Gli interventi di modifica sui riti speciali a sfondo premiale introducono un’ipotesi di sanatoria delle nullità, non assolute, di non rilevabilità delle inutilizzabilità eccettuate quelle derivanti dalla violazione di divieti probatori e di improponibilità di eccezioni in punto di competenza territoriale a seguito della richiesta di giudizio abbreviato.

La sentenza di patteggiamento è ora impugnabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Il secondo grado del giudizio di merito risulta mutato in alcuni suoi aspetti: è stato ripristinato un timido concordato sui motivi di appello, per l’altro è stata finalmente introdotta una nuova ipotesi di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale obbligatoria quando oggetto del gravame sia una decisione di assoluzione in prima istanza.

Anche il ricorso per cassazione assume una fisionomia diversa, attraverso quelle emende che, per ridurre il carico di lavoro della Suprema Corte, agiscono su più profili: è oggi esclusa la possibilità per l’imputato di proporre personalmente l’impugnazione.

Tra gli interventi scomposti si collocano quelli inerenti il ricorso straordinario per errore materiale e l’inserimento della disciplina della rescissione del giudicato nell’ambito del titolo dedicato alla revisione. È consentito alla Corte di cassazione di rilevare in maniera autonoma l’errore di fatto, senza dover attendere la sollecitazione delle parti.

Il legislatore ha abrogato l’art. 625 ter, attribuendo la competenza a giudicare sulla rescissione del giudicato alla Corte d’appello.

Tra gli interventi più discutibili si colloca la disciplina della partecipazione a dibattimento a distanza. L’art. 146 bis disp. att. stato totalmente riscritto e i soggetti detenuti per uno dei delitti elencati agli artt. 51, co. 3 bis, e 407, co. 2, lett. a, n. 4, devono obbligatoriamente partecipare «a distanza alle udienze dibattimentali dei processi nei quali sono imputati». Questo vale anche per le udienze relative ad altri reati. L’automatismo si estende pure alle udienze penali e civili alle quali il soggetto in vinculis debba partecipare in qualità di testimone.

Anche «la persona ammessa a programmi o misure di protezione, comprese quelle di tipo urgente o provvisorio», sottostà al medesimo regime, ma solo per le udienze cui partecipa come imputato . Il giudice – «qualora lo ritenga necessario» e a meno che sia stato applicato il regime ex art. 41 bis ord. penit. – può disporre la presenza alle udienze di tutti i soggetti cui si applica la disciplina precedente.

 

La cultura della legalità e l’approccio allo studio del diritto processuale penale

In un periodo come questo, caratterizzato da un uso strumentale del processo penale, appare necessario tener conto di una regola fondamentale: lo studio delle norme del codice di procedura penale (come complesso di regole da rispettare in vista del conseguimento di un verdetto non solo persuasivo ma anche appagante sotto il profilo della legalità) non consiste solamente in un astratto indottrinamento dogmatico, un meccanismo tecnico indipendente, bensì in una riflessione etica sul tema della verità e sul modo di ricercarla. Tema della verità che non riguarda più solo la conoscenza del fatto controverso ma anche la condotta delle parti.

Nella ricerca della verità centrale appare fondamentale la tutela dei diritti individuali, sempre più spesso minacciati da una parte della magistratura che, attuando la c.d. polizia giudiziaria di scopo, sostituisce la ricerca della verità con forme di antagonismo e arrivismo che vanno a danneggiare l’intero ordinamento giuridico- sociale italiano.

Per contrastare questa tendenza, non si può far altro che accelerare il recupero della cultura della legalità, inteso come effettività del diritto vivente e ripristino del metodo della correttezza e del rispetto dei ruoli processuali.