Il coordinamento tra diversi uffici del pubblico ministero

In determinati casi, l’ ufficio del p.m. che procede in ordine ad un determinato reato è chiamato, per esigenze di speditezza, a coordinarsi con altri uffici del p.m. che procedono in relazione ad altri reati: ciò accade, in particolare, quando le indagini relative a tali reati risultano tra di esse collegate, perché attengono a procedimenti connessi o perché concernono reati, dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri o perché la prova riguardante uno di questi reati va ad influire sulla prova riguardante un altro reato (art. 371 c.p.p.). In tutti questi casi, i diversi uffici del p.m. devono scambiarsi atti ed informazioni, devono comunicarsi reciprocamente le direttive impartite alla polizia giudiziaria e devono procedere congiuntamente al compimento di singoli atti di indagine (sul coordinamento tra i diversi uffici vigila il procuratore generale presso la Corte d’ appello, di intesa con gli altri procuratori generali interessati).

Per quel che riguarda, invece, il collegamento delle indagini relative a reati concernenti la criminalità organizzata, è stato attribuito uno specifico potere al procuratore nazionale antimafia: egli, infatti è chiamato ad assicurare e a rendere effettivo il coordinamento tra le procure distrettuali interessate.

I contrasti tra gli uffici del pubblico ministero

Anche in capo agli uffici del p.m. possono crearsi delle situazioni di contrasto riguardanti le loro attribuzioni (artt. 54, 54 bis e 54 quater). Ciò può verificarsi, innanzitutto, nel caso in cui il p.m. procedente, ritenendo che il reato sia di competenza di un giudice diverso da quello presso il quale egli esercita le sue funzioni, investa delle indagini preliminari l’ ufficio del p.m. presso il giudice considerato competente; se quest’ ufficio aderisce, nulla quaestio: condurrà le indagini; se, invece, a sua volta, ritiene che debba procedere il primo, informa il procuratore generale presso la Corte d’ appello (se i due uffici appartengono allo stesso distretto di Corte d’ appello) ovvero il procuratore generale presso la Corte di cassazione (se i due uffici appartengono a distretti diversi). Esaminati gli atti, il procuratore generale determinerà, con decreto motivato, quale ufficio dovrà svolgere le indagini.

Il contrasto, però, può verificarsi anche nel caso in cui il p.m. procedente apprenda che presso un diverso ufficio sono in corso indagini preliminari per il medesimo fatto, a carico della stessa persona; in tale ipotesi, se egli ritiene che la competenza sia del giudice presso il quale egli esercita le proprie funzioni, richiede, senza ritardo, al p.m. dell’ altro ufficio la trasmissione degli atti; se quest’ ultimo aderisce non sorgerà alcun problema; se, viceversa, ritiene di dover dissentire, informerà il procuratore generale presso la Corte d’ appello (o il procuratore generale presso la Corte di cassazione), il quale, esaminati gli atti, determinerà, con decreto motivato, quale ufficio del p.m. dovrà procedere.

La legge, infine, concede anche a determinati soggetti (indagato, persona offesa e rispettivi difensori) la possibilità di chiedere al p.m. procedente la trasmissione degli atti al p.m. presso il giudice da essi ritenuto competente; se il p.m. procedente accoglie la richiesta, entro 10 gg. provvede alla trasmissione degli atti; in caso contrario, il richiedente, entro i successivi 10 gg., può chiedere al procuratore generale presso la Corte d’ appello (o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione) di determinare, entro 20 gg. e con decreto motivato, quale ufficio del p.m. dovrà procedere.

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