Di fronte all’evidenza del contrasto tra l’idea della Corte e quella della l. n. 267 del 1997, il Parlamento ha deciso di prendere nuovamente in mano la questione, giungendo sino alla legge di revisione costituzionale del 1999, che ha modificato l’art. 111:
- co. 1: il riformatore costituzionale, facendo riferimento al concetto di giusto processo, riserva al legislatore la materia processuale. Nonostante una certa parte della dottrina ritenga che tale concetto si esplichi nei successivi commi dell’art. 111, pare più giusto ritenere che il giusto processo faccia parte di quei principi ideali che preesistono alla Repubblica italiana e che essa riconosce e garantisce;
- co. 2, scomponibile in almeno quattro punti:
- contraddittorio debole: il legislatore fissa il principio del contraddittorio nel suo significato debole, inteso come diritto del soggetto di esporre le sue difese prima che il provvedimento stesso sia emanato;
- parità delle parti: mentre nel processo civile tale principio deve essere inteso in modo assoluto, in quello penale viene limitato, in forza del principio di ragionevolezza e dell’esigenza di una corretta amministrazione della giustizia;
- giudice terzo ed imparziale: il riformatore, affiancando al termine di giudice questi due aggettivi, non ha voluto rafforzare il medesimo concetto, quanto piuttosto esprimerne due differenti:
- imparzialità come assenza di legami con le parti e con l’oggetto;
- terzietĂ come separazione delle funzioni processuali;
- ragionevole durata: mentre nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo tale principio è riconosciuto come un vero e proprio diritto, nell’ambito penalistico viene attribuito alla legge il compito di attuarlo. Il termine ragionevole, in particolare, ha il compito di bilanciare il diritto ad un processo giusto e quello ad un processo rapido;
- co. 3: questo comma, modellato attorno al catalogo dei diritti spettanti alla persona accusata nel processo penale, deve essere analizzato partendo da due rilievi di natura metodologica: da un lato quando il riformatore accenna alla c.d. persona accusata, vuole riferirsi anche all’indagato, dall’altro quando tratta del processo, non sembra volervi ricomprendere le indagini preliminari. Detto questo, gli aspetti salienti dell’articolo sono:
- diritto dell’indagato ad essere informato riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa nel più breve tempo possibile. Tale diritto, tuttavia, deve essere contemperato con l’esigenza del pubblico ministero di svolgere le indagini compiendo atti a sorpresa;
- diritto di disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa;
- diritto a confrontarsi con l’accusatore, che si esplica nel:
- diritto di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico. Su tale diritto, tratto direttamente dalla Convenzione, vengono operate due modificazioni: si richiede la presenza del giudice, a garanzia dell’imputato, e si parla genericamente di persone e non di testimoni, al fine di ricomprendervi anche l’imputato connesso o collegato;
- diritto di acquisire ogni altro mezzo di prova. Questo non rappresenta un diritto avente valore assoluto, dal momento che le prove richieste dall’imputato debbano superare il vaglio giudiziale di ammissibilità ;
- co. 4: il legislatore prende in esame il principio del contraddittorio in senso forte, relativo alla materia della prova:
- sotto l’aspetto oggettivo si tratta del contraddittorio come metodo di conoscenza, sulla base del quale le prove attendibili si ottengono solamente in modo dialettico. Se nel Progetto di riforma tale principio voleva essere assoluto, nella versione adottata viene calmierato dalla riserva di legge del co. 5;
- sotto l’aspetto soggettivo il diritto dell’accusato di confrontarsi con l’accusatore (v. co. 3) viene ripreso con il principio che vieta l’ammissibilità delle prove fondate su dichiarazioni di chi rifiuta di sottoporsi alle domande dell’imputato.
Attuazione dei nuovi principi costituzionali.
La riforma ha imposto al legislatore ordinario di porre mano al sistema probatorio:
- disciplina delle qualifiche dei dichiaranti: in questo campo il legislatore ha restrinto l’area del diritto al silenzio, sebbene i risultati raggiunti siano piuttosto scarsi, dal momento che sono ancora previste delle c.d. aree franche, rappresentate da soggetti che possono continuare a mentire o tacere davanti al giudice anche sul fatto altrui;
- disciplina delle dichiarazioni raccolte unilateralmente nel corso delle indagini: il legislatore, disponendo che tali dichiarazioni sono inutilizzabili ai fini della decisione finale, ha adottato una soluzione così radicale da mettere talvolta in pericolo il giusto esito del processo.