Si instaura un conflitto di giurisdizione [art. 28 lett. a) c.p.p.] quando appare incerto se in ordine ad un determinato fatto debba giudicare un organo della giurisdizione comune ovvero un organo della giurisdizione speciale (ad es., tribunale ordinario o tribunale militare); si instaura, invece, un conflitto di competenza [art. 28 lett. b) c.p.p.] quando quell’ incertezza investe due organi appartenenti entrambi alla giurisdizione comune (ad es., tribunale ordinario o Corte d’ assise).
Il conflitto può essere positivo o negativo: più precisamente, il conflitto si definisce positivo quando i due giudici prendono contemporaneamente cognizione del fatto, determinando lo scaturire di una situazione suscettibile di condurre ad una moltiplicazione di processi per il medesimo fatto, nei confronti della stessa persona; il conflitto, invece, si definisce negativo qualora entrambi i giudici non intendano prendere cognizione del fatto, creando in tal modo una situazione suscettibile di condurre alla paralisi del processo.
La situazione di conflitto può venir meno, innanzitutto, se uno dei due giudici intende recedere dalla volontà di prendere o meno cognizione del reato; se ciò non accade, l’ esistenza del conflitto può essere eccepita dalle parti o sollevata d’ ufficio da uno dei due giudici, il quale, con ordinanza, provvede a rimettere alla Corte di cassazione (organo competente a dirimere il contrasto, in quanto giudice di legittimità) copia degli atti necessari per decidere; la Corte, dopo aver convocato le parti ed i giudici in conflitto, deciderà con sentenza (tale sentenza compone il dissidio, attribuendo la cognizione al giudice considerato competente).