Prima della scadenza dei sei mesi previsti in via ordinaria come limite massimo per lo svolgimento delle indagini preliminari, fatte salve le ipotesi in cui le indagini possono essere prolungate, il pubblico ministero, se non deve fare richiesta di archiviazione, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini ed al difensore avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415 bis co. 1). Il legislatore ha voluto prevedere un contenuto tassativo di tale atto (co. 2):
- la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede;
- l’indicazione delle norme di legge che si presumono violate;
- l’indicazione della data e del luogo del fatto;
- l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini è depositata presso la segreteria del pubblico ministero.
All’indagato sono riconosciute quantomeno cinque facoltà, esercitabili entro trenta giorni (co. 3):
- presentare memorie e documenti;
- depositare la documentazione relativa alle investigazioni difensive;
- chiedere al pubblico ministero il compimento di ulteriori atti di indagine;
- presentarsi per rilasciare dichiarazioni;
- chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Questa quinta facoltà è l’unica di fronte alla quale al pubblico ministero non è riconosciuto un potere discrezionale: se l’indagato ne fa richiesta, infatti, egli deve obbligatoriamente interrogarlo, pena la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazione diretta.
È inutile sottolineare la funzione dell’istituto, il quale, da un lato, garantisce la completezza delle indagini perché permette la conoscibilità delle investigazioni difensive e dall’altro è in grado di garantire a pieno il diritto alla difesa dell’indagato, cui è permesso di conoscere tutti gli atti relativi alle indagini prima dell’inizio del processo.