Per quanto riguarda le spese processuali va detto che sono a carico delle parti:

1)gli onorari dovuti ai procuratori, ai difensori, ai custodi, agli interpreti, ai consulenti ed in genere a qualsiasi altro soggetto che svolga attività ausiliare

2) le spese per le indennità di trasferta spettanti al giudice e al cancelliere per l’ispezione dei luoghi

3) il costo della carta da bollo e i diritti percepiti dalla cancelleria e dagli uffici giudiziari

4) le imposte di registro, le tasse di bollo ed in genere tutte le spese che siano necessarie allo svolgimento del processo

Il sistema accolto dal codice poggia su due criteri e cioè quello dell’anticipazione e quello della soccombenza. In via provvisoria e cioè quando in corso di causa non si sa ancora chi ha torto o ragione ciascuna delle parti ha l’onere di provvedere alle spese per gli atti che compie e per quelli che chiede e deve anticipare le spese per gli atti necessari al processo quando l’anticipazione sia posta a suo carico dalla legge o dal giudice.

Occorre precisare che per atti necessari al processo s’intendono quelli disposti a prescindere dall’iniziativa delle parti. In questi casi il giudice deve valutare l’interesse per il quale l’atto è compiuto e determinare su chi ricade l’obbligo dell’anticipazione emanando un provvedimento esecutivo di condanna all’anticipazione in caso di mancato adempimento (si pensi ad es. ad una consulenza tecnica d’ufficio).

In via definitiva vale il criterio della soccombenza secondo il quale la parte rimasta soccombente deve sopportare tutte le spese del processo comprese quelle anticipate dall’altra parte. Si tratta di un’applicazione del principio secondo cui la durata del processo non deve danneggiare in alcun modo la parte che ha ragione e quindi di un caso di responsabilità oggettiva diverso dalle ipotesi di responsabilità per lite temeraria. L’art 92 c.p.c. dispone che se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi il giudice può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti e può anche escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice qualora le ritenga eccessive o superflue.

Il giudice può altresì condannare una parte al rimborso delle spese anche non ripetibili che questa abbia causato alla controparte trasgredendo il dovere di lealtà e probità e ciò indipendentemente dalla soccombenza. La statuizione definitiva sulle spese è contenuta nella sentenza che chiude il processo davanti al giudice per cui si deve trattare di una sentenza processuale o di merito definitiva.

La previsione di tale norma che dovrebbe riguardare ogni processo e che invece si riferisce al solo processo ordinario di cognizione crea problemi di adattamento ai processi esecutivi, cautelari, di volontaria giurisdizione e per quelli costitutivi necessari. Diverso dal problema delle spese è quello riguardante la responsabilità per lite temeraria la quale si ha quando la parte abbia agito o resistito in giudizio con mala fede, colpa grave o comunque senza la normale prudenza.

L’art. 96 c.p.c. prevede al riguardo due autonome fattispecie di responsabilità per illecito processuale. La prima ipotesi meno severa presuppone che il soggetto abbia agito o resistito con dolo o colpa grave (non basta quindi la mera violazione dei doveri di lealtà e probità) è si applica a qualsiasi tipo di processo. Poiché tuttavia la legge non specifica che il comportamento è ingiusto quando la parte ritiene di aver torto (cosiddetta Procedura ingiusta) la norma sembra applicabile anche quando il procedimento utilizzato sia irrituale. Il danno risarcibile riguarda in questo caso non le spese ma qualsiasi onere sostenuto dalla parte vittoriosa.

La seconda ipotesi più severa presuppone invece una colpa lieve e cioè l’aver agito senza la normale prudenza e si riferisce solo ai procedimenti cautelari ed esecutivi nonché a taluni atti processuali (trascrizione delle domande giudiziali, iscrizione dell’ipoteca giudiziale). La giurisprudenza ritiene al riguardo che in questo caso i danni non possono essere fatti valere in via autonoma perché solo il giudice della causa di merito è in grado di valutare la temerarietà della lite.

Per concludere va precisato che anche se l’art 96 c.p.c. prevede una liquidazione dei danni anche d’ufficio ciò non costituisce una deroga al principio della domanda la quale pertanto sarà sempre necessaria ma si riferisce alla prova dell’ammontare del danno il quale pertanto in mancanza di prova può essere determinato in via equitativa.

Lascia un commento