L’art. 671 c.p.c. prevede che “il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle cose o somme dovute al creditore, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento”.
Lo scopo è quello di conservare la situazione così come è evitando atti di dispersione. La tecnica utilizzata dal legislatore è quella di determinare un particolare effetto, quello di inefficacia relativa degli atti di disposizione del debitore (è un asserito debitore, non è ancora stato accertato incontrovertibilmente). Questi sono efficaci in generale, ma non rispetto al creditore che ha attuato il sequestro. Si tratta di un’inefficacia che è per certi aspetti assimilabile a quella del pignoramento (si dice che il sequestro è un pignoramento anticipato), ma quando viene attuato un pignoramento ne beneficiano degli effetti tutti i creditori intervenuti nel processo esecutivo, anche quelli che sono intervenuti dopo l’atto di disposizione (si dice che il pignoramento opera a porte aperte); invece il sequestro opera solo nei confronti di colui che l’ha proposto, non ne beneficiano altri creditori.
La locuzione “nei limiti in cui la legge ne ammette il pignoramento” è prevista perché vi è la conversione del sequestro in pignoramento (art. 686 c.p.c.): quando il creditore sequestrante ottiene una sentenza di condanna che ha efficacia esecutiva, allora il sequestro si converte in pignoramento. Per questo motivo, se il creditore vuole instaurare un processo di mero accertamento, non può chiedere un processo di mero accertamento perché non vi è la possibilità di ottenere quella conversione del sequestro in pignoramento che è un dato strutturale del sequestro conservativo.
L’art. 156 delle disposizioni di attuazione prevede degli adempimenti che il creditore deve effettuare dopo che ha ottenuto una sentenza di condanna esecutiva. Ci si chiede se siano da esperire questi adempimenti per ottenere la conversione, oppure se questa avvenga automaticamente. È preferibile ritenere che la conversione avvenga automaticamente ex lege, ma con onere di questi adempimenti per il creditore pignorante pena l’inefficacia della conversione.
Altro problema circa questa conversione, è se questa si possa ottenere anche qualora il creditore ottenga un provvedimento diverso dal sequestro, ma che ha ugualmente efficacia esecutiva, come nel caso delle ordinanze anticipatorie (es. ordinanza di pagamento di somme non contestate). Giacomelli è favorevole perché la situazione del creditore nel nostro ordinamento è una situazione sfavorevole e pertanto bisogna riconoscere tutti gli strumenti a sua disposizione.
In linea generale si chiede il compimento di atti concreti con cui il debitore dimostri il periculum. L’inerzia del debitore di per sé non integra il periculum, ma il problema si pone nelle ipotesi di incapienza del debitore rispetto all’ammontare del credito (es. un soggetto lamenta un danno da circolazione di veicoli pari a 200.000 €. Il debitore ha un unico bene rilevante dal punto di vista economico che non copre l’intero ammontare del credito.
È sufficiente l’incapienza del debitore ad integrare il periculum?) In dottrina è stata proposta un’opinione che distingue fra:
– Obbligazione contrattuale: il creditore ha avuto la possibilità di valutare il patrimonio della controparte, quindi non si può lamentare che questa non abbia un patrimonio sufficiente a soddisfare il suo credito;
– Obbligazione da atto illecito: qui si ammette che possa effettuare un sequestro anche se il debitore non compie atti di sottrazione del patrimonio.