La categoria dei diritti frazionati si distingue da quella dei rapporti pregiudiziali:
- in questa si sarebbe alla presenza di due diversi diritti in relazione di connessione per pregiudizialità (pregiudizialità tecnica);
- in quella si sarebbe alla presenza di un nesso tra un rapporto ed un suo effetto (pregiudizialità logica).
In questi casi, in sostanza, il diritto fatto valere in giudizio (petitum) rappresenta una parte di un rapporto giuridico più ampio.
Anche con riferimento a questi diritti si pone l’interrogativo inerente al giudicato se questo si formi solo sulla singola coppia pretesa-obbligo dedotta in giudizio oppure se esso inerisca anche sul rapporto giuridico nel suo complesso. In questa sede sembrano sufficienti due riflessioni:
- in alcune ipotesi la limitazione dell’oggetto del processo e del giudicato alla sola coppia pretesa-obbligo dedotta in giudizio dall’attore rischia di dar luogo a giudicati contraddittori (es. conclusosi il processo che ha accertato il diritto al pagamento del prezzo, un secondo processo potrebbe concludersi accertando l’inesistenza del diritto alla consegna del bene). La consapevolezza della gravità di questi inconvenienti, quindi, impone di ritenere che quantomeno in alcune ipotesi l’oggetto del processo e del giudicato non sia costituito solo dal diritto dedotto in giudizio, ma anche dall’intero rapporto contrattuale;
- in tema di rapporti giuridici complessi, Chiovendafa riferimento a correttivi diretti ad impedire che si determini un’eccessiva frammentazione di rapporti sostanziali:
- qualora sia dedotto in giudizio un diritto principale e centrale di un rapporto complesso, allora deve ritenersi che oggetto della domanda e del giudicato sia anche l’intero rapporto complesso (es. dedotto in giudizio uno dei due diritti centrali derivanti da un rapporto a prestazioni corrispettive, l’oggetto della domanda e del giudicato viene ad essere il rapporto complesso);
- l’interprete tende ad applicare in senso estensivo le ipotesi in cui per volontà di legge l’accertamento con autorità di cosa giudicata si estende al rapporto complesso (forzatura interpretativa dell’art. 34).
Occorre adesso chiedersi se siano ammissibili domande parziali relativamente ad un unico credito avente ad oggetto somme di denaro. In dottrina e in giurisprudenza hanno trovato accoglimento tutte le tesi possibili:
- alcuni autori hanno sostenuto la piena deducibilità in giudizio in via frazionata del credito unitario sul piano sostanziale (es. la sentenza che abbia accolto la domanda relativa al solo capitale non preclude la deduzione in un successivo giudizio della frazione di credito relativa al maggior danno da svalutazione monetaria);
- altri autori hanno sostenuto l’inammissibilità di tale deducibilità, facendo leva sull’esigenza di evitare che il processo diventi uno strumento di disarticolazione di quanto a livello sostanziale risulta essere unitario (es. la sentenza che abbia accolto la domanda relativa agli interessi moratori preclude in modo assoluto la deduzione in un successivo giudizio della frazione di credito relativa al maggior danno da svalutazione monetaria);
- la giurisprudenza prevalente adotta una soluzione intermedia secondo cui sostenendo che:
- la domanda di risarcimento del danno ricomprende tutti i possibili profili di danno;
- l’attore può frazionare la pretesa risarcitoria in più domande qualora si riservi espressamente di far valere in un autonomo giudizio separate voci di danno.
Occorre rilevare come a favore della seconda soluzione (o quantomeno della terzo intermedia) giochi l’esigenza di tutelare il convenuto contro la possibilità di essere chiamato più volte in giudizio per la responsabilità derivante da un medesimo fatto dannoso