Il codice distingue due modalità di partecipazione del pubblico ministero al processo civile:
- il pubblico ministero agente, un vero e proprio legittimato straordinario che, nei casi stabiliti dalla legge (art. 69), fa valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui esercitando il potere di azione;
- il pubblico ministero interveniente, che si distingue a seconda che il suo intervento sia obbligatorio (art. 70 co. 1 e 2) o facoltativo, in ogni causa nella quale ravvisi un pubblico interesse (co. 3).
I poteri del pubblico ministero sono descritti dall’art. 72:
- il pubblico ministero che esercita il potere di azione o che interviene in cause che poteva proporre ha gli stessi poteri delle parti e li esercita nelle forme che la legge stabilisce per queste ultime (co. 1);
- il pubblico ministero che interviene in cause che non poteva proporre ha poteri limitati:
- può produrre documenti, dedurre prove e prendere conclusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti (co. 2);
- può allegare fatti posti a fondamento di eccezioni rilevabili di ufficio, ma non può sollevare eccezioni in senso stretto;
- non può impugnare (co. 3 e 4);
- ai sensi dell’art. 397, nelle cause in cui il suo intervento è obbligatorio (art. 70 co. 1), le sentenze di secondo grado o pronunciate in grado unico e quelle per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione dal pubblico ministero (potere di revocazione straordinario):
- quando la sentenza è stata pronunciata senza che egli sia stato sentito (n. 1);
- quando la sentenza è l’effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge (n. 2).