il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento, fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali, assume tutti i suoi provvedimenti salvo che la legge disponga altrimenti in forma di ordinanza che può essere pronunciata sia in udienza che fuori udienza. Il regime di efficacia e di stabilità delle ordinanze viene poi fissato nell’art.177 cpc. Le ordinanze non possono mai pregiudicare la decisione della causa e di regola possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate. Tale principio soffre peraltro alcune eccezioni:
– le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti in materia della quale queste possono disporre: gli accordi sullo svolgimento della causa o sull’ammissione dei mezzi di prova sono tuttavia ammissibili solo quando non confliggano con le norme sulle preclusioni e sui poteri d’ufficio in materia probatoria o con altre norme. Le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti possono essere revocate dal giudice istruttore o dal collegio quando si forma un accordo di segno contrario.
- Le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge
- Le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo
Le ordinanze sull’ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova non sono reclamabili né impugnabili e sono solo modificabili o revocabili dal giudice che le ha emesse. Nei processi a decisione collegiale, le parti possono chiedere al collegio tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile. La norma prevede poi un richiamo immediato al collegio solo contro l’ordinanza del giudice istruttore che non opera in funzione di giudice unico quando dichiara l’estinzione del processo.