I fatti o le prove rappresentative, come detto, sono il documento e la dichiarazione di scienza. Essi sono privi di consistenza autonoma rispetto al fatto da provare, essendo normalmente creati per rappresentare altri fatti. Secondo Carnelutti, la rappresentazione è un surrogato della percezione perché serve a risvegliare mediante un equivalente sensibile l’idea che verrebbe determinata dalla percezione diretta del fatto. I fatti rappresentativi si distinguono dai fatti secondari (fonti di presunzione) in quanto solo i primi sono creati per rappresentare, mentre i secondi, pur potendo avere valenza conoscitiva, non sono creati per rappresentare (es. striscia di frenata).
I fatti rappresentativi si distinguono in:
- fatti rappresentativi reali: il documento è un oggetto rappresentativo che si forma nell’immediatezza del fatto da rappresentare (carattere permanente). Essendo formato prima del processo, il documento è sottratto a tutte le influenze corruttrici o inquinanti che possono essere esercitate dalle parti in conflitto;
- fatti rappresentativi personali: la dichiarazioni di scienza è un atto diretto a rappresentare un fatto avvenuto e percepito nel passato. Essa, non formandosi nell’immediatezza del fatto ma nel corso del processo, risulta soggetta a influenze corruttrici (es. memoria). Dal momento che la dichiarazione di scienza è un atto personale, ai fini della sua veridicità risultano fondamentali la considerazione della persona e il modo in cui questa si pone rispetto agli interessi in conflitto nel processo