Sempre riguardo alle norme dedicate alle modificazioni della competenza per ragioni di connessione, il C.P.C. colloca 3 articoli (34,35,36) che descrivono 3 particolari fenomeni, ma già si è occupati del 36.
A) 34 C.P.C.. Esso affronta l’ampio problema delle “questioni pregiudiziali di merito”. Esse sono quelle questioni di merito che, pur potendo costituire oggetto autonomo di una decisione, si inseriscono come passaggio obbligatorio nell’iter logico-giuridico che conduce alla decisione sulla domanda principale: quindi non si può far a meno di affrontare la prima per decidere sull’ultima. Es. rispetto a una domanda di alimenti da padre a figlio, è pregiudiziale la questione relativa alla sussistenza del rapporto di paternità. Il problema è capire, una volta sorta la questione pregiudiziale, se questa possa esser risolta incidenter tantum (senza giudicato) ovvero se debba entrare a far parte dell’oggetto del giudizio. Il 34 risolve il problema implicitamente: la regola è che la questione pregiudiziale sia risolta fuori dal giudicato (quindi verranno decise dal giudice superiore senza giudicato), tranne se il giudicato sia richiesto dalla legge o da una delle parti: in questo caso prevale quindi la competenza del tribunale per queste questioni e non per quella principale.
B) 35 C.P.C.. Esso affronta l’”eccezione di compensazione” (vedi dietro). Si affronta il problema di quando sia sollevata un’eccezione di compensazione con riguardo ad un credito contestato e che eccede la competenza per valore del giudice adito, altrimenti non ci sarebbe problema. La norma dispone che se la domanda principale è fondata su titolo non controverso o facilmente accertabile, il giudice può compiere rispetto ad essa una pronuncia con riserva rimettendo la questione al giudice superiore; se invece non sussistono quelle condizioni, si segue il sistema visto per le pregiudiziali, in cui il giudice superiore acchiappa tutto.
C) 36 C.P.C.. Per le “domande riconvenzionali” si stabilisce ex 36 che esse possono esser decise insieme con la principale se dipendono dallo stesso titolo di quest’ultima o di un’eccezione. Se le cause appartengono a riti diversi, il nuovo 3° del 40, aggiunto con la l. 353/1990, prevede che prevale il rito ordinario, ma non sul rito del lavoro. Il nuovo 4° 40, prevede che se le cause connesse appartengono tutte a riti speciali, prevale quello del giudice per cui è determinata la competenza. Il nuovo 5° prevede che se “la causa” cioè una delle cause riunite ex commi precedenti, è stata trattata con rito diverso da quello divenuto applicabile ex 3°, il giudice provvede ex 426 e 427, norme che nel processo del lavoro, prevedono il passaggio dall’uno all’altro rito.
Riti vigenti (ex 54 l. 69/2009): rito ordinario, rito del lavoro, nuovo procedimento sommario di cognizione (ma si parla di quelli rientranti in ambito di giurisdizione ordinaria e che sono regolati da legge speciale).