La forma dei provvedimenti del collegio quando la causa gli è rimessa art.187 cpc è quella dell’ordinanza quando si provvede solo su questioni relative all’istruzione della causa. Il provvedimento decisorio della causa deve essere invece sentenza. La causa è determinata dalla domanda e il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità. La domanda pone dunque l’oggetto del processo la cosa giudicata sostanziale. Le questioni, viceversa, costituiscono punti dubbi attinenti al processo o al merito che il giudice deve conoscere e sui quali generalmente pronuncia incidenter tantum, ossia solo ai fini della decisione della causa.
Si riconnette alla nozione di questioni quella delle eccezioni, sia processuali che di merito: processuali, ossia punti dubbi la cui soluzione positiva è idonea a impedire la decisione sul merito della domanda, eccezioni di merito costituite da fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto fatto valere dall’attore. Sotto altro profilo si distinguono eccezioni in senso lato che possono essere rilevate anche d’ufficio se risultano dagli atti del processo ed eccezioni in senso stretto che debbono essere fatte valere dalla parte interessata. Le une e le altre possono riguardare sia il processo che il merito. Il giudice non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti. Il collegio ha l’obbligo di pronunciare sentenza nei seguenti casi:
- Quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza
- Quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito.
Sono questioni pregiudiziali attinenti al processo le questioni sugli impedimenti processuali di una decisione di merito come quelle sulle condizioni dell’azione. Sono dunque questioni preliminari processuali (dalla loro soluzione dipende il superamento della soglia necessaria per giungere alla cognizione delle questioni preliminari di merito e alla decisione di merito. Sono invece questioni preliminari di merito quelle che vertono su ostacoli di fatto e di diritto il cui superamento è necessario per giungere alla cognizione di merito. Il giudice è vincolato nella sua decisione dall’ordine delle domande (non potrà decidere sulla domanda subordinata se prima non avrà respinto la principale) ma può ricostruire l’ordine logico delle questioni nel momento della decisione.
Il giudice deve risolvere anzitutto le questioni sulla validità della domanda introduttiva nonché sulla regolarità del contraddittorio e quelle sui presupposti processuali e successivamente quelle sulle condizioni dell’azione. In merito alle questioni pregiudiziali di merito (con oggetto esistenza o inesistenza di uno stato o di un rapporto giuridico) potranno anch’esse essere oggetto di cognizione incidenter tantum tranne quando per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario deciderle con efficacia di giudicato, e quindi solo ai fini della decisione della causa: la loro soluzione non sarà coperta dal giudicato. Il giudice pronuncerà una sentenza idonea a chiudere il processo davanti a sé anche per nullità o carenza di azione o altro presupposto processuale, o litispendenza, continenza e connessione. Diverso sarà l’effetto della decisione a seconda della questione accolta:
- La sentenza che dichiara la nullità del procedimento per vizio della vocatio in jus non impedisce la riproposizione della domanda ma gli atti compiuti nel processo nullo non conserveranno alcuna efficacia né processuale né sostanziale
- La definizione dei presupposti processuali copre requisiti diversi accomunati solo da ciò che la loro mancanza impedisce la decisione. Il difetto di capacità o legittimazione processuale consente la riproposizione della domanda solo da parte del soggetto processualmente legittimato, la litispendenza assicura la prosecuzione del processo, la dichiarazione di continenza o di connessione comporta modifiche di competenza
- Difetto di giurisdizione → improponibilità della domanda solo se si tratta di un difetto assoluto, altrimenti è possibile la riproposizione della domanda
- Incompetenza → la sentenza deve designare il giudice competente e il processo può continuare dinanzi a lui
- Infine sarà rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo la mancanza delle condizioni dell’azione
- L’interesse ad agire necessario per proporre una domanda in giudizio ossia l’interesse ad ottenere il provvedimento domandato che deve commisurarsi alla situazione giuridica soggettiva allegata dal proponente e alla sua lesione. L’interesse ada gire p il rapporto di utilità corrente tra lesione di un diritto che è stata affermata e il provvedimento di tutela giurisdizionale che viene demandato.
- La legittimazione ad agire → identità di colui che ha proposto la domanda con colui che con riferimento alla lesione di un suo diritto che egli afferma esistente, possa pretendere per sé il provvedimento di tutela giurisdizionale domandato nei confronti di colui che è stato chiamato in giudizio. Non dà luogo a un trasferimento della legittimazione ad agire la successione a titolo particolare nel diritto controverso ossia il trasferimento di questo nel corso del processo per atto tra vivi o mortis causa. Il dante causa o il successore resta o subentra per un diritto che non è più o non è mai stato suo ossia agisce come sostituto processuale ma il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo se le altre parti vi consentono, l’alienante o il successore universale può esserne estromesso. La sentenza pronunciata spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui. Son fatte salve le norme dell’acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione. Parzialmente difforme è il caso della decisione su questione preliminare di merito: la decisione decisiva su una questione preliminare di merito è idonea a costituire giudicato sostanziale precludendo l’esame nel merito della relativa domanda mentre la definizione del processo su una questione preliminare non preclude di per sé la riproposizione della medesima domanda.
- Definitiva è la sentenza con cui il giudice definisce il giudizio decidendo totalmente il merito.
- Può accadere che la definizione di alcune delle questioni non comporti la definizione del processo. La causa sarà rimessa al giudice istruttore con separata ordinanza per l’istruzione probatoria. La rimessione immediata in decisione avrà luogo quando il giudice riterrà molto seria l’eccezione preliminare o pregiudiziale di merito o rito. Le sentenze così rese sono non definitive che possono comunque essere a contenuto processuale o di merito
Può accadere che di più cause cumulate non tutte siano mature per la decisione. Il giudice può decidere solo quelle sufficientemente istruite e disporre con distinti provvedimenti la separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione o la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza. Emerge che la sentenza che come atto ha una sua unità può contenere una pluralità di decisioni con effetti diversi. In primo luogo potrà accadere che con un’unica sentenza si siano decise più cause cumulate: in tal modo si avranno più decisioni autonome tra loro, che potranno essere oggetto di distinte impugnazioni.
Potrà darsi che un’unica sentenza contenga la decisione di più questioni controverse: anche in tali casi la sentenza manterrà una sua autonomia mentre le singole decisioni rileveranno ai fini della impugnazione. Una sentenza può essere divisibile in tante diverse pronunce che costituiscono distinte parti della sentenza ciascuna delle quali potrà essere oggetto di impugnazione. L’interpretazione della formula normativa è vivamente controversa. Si può ritenere che parte della sentenza sia ogni statuizione su un tema idoneo a costituire oggetto di una separata sentenza e quindi su ciascuno degli oggetti.