I motivi di revocazione straordinaria sono indicati ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395:
- n. 1: se la sentenza è l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra . Sebbene tale motivo prende in considerazione il dolo unilaterale, perché si abbia dolo revocatorio non è sufficiente che la controparte si sia comportata nel processo in modo sleale o scorretto, essendo invece necessario che in esso si siano concretizzati artifici e raggiri;
- n. 2: se si è giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza . Il riconoscimento della falsità deve provenire dalla parte che si è giovata della prova falsa, mentre la dichiarazione è costituita da una sentenza civile o penale passata in giudicato che abbia accertato la falsità;
- n. 3: se dopo la sentenza sono stati trovati documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario . Perché sussista il motivo in esame occorre che la parte soccombente non solo non sia stata in grado di produrre il documento, ma non abbia neppure potuto chiederne l’esibizione per ignoranza incolpevole dell’esistenza del documento, oppure che, pur avendone chiesto l’esibizione alla controparte o ad un terzo, costoro non abbiano esibito il documento ed il giudice non abbia ritenuto esistenti i fatti rappresentati dal documento;
- n. 6: se la sentenza è effetto di dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato . Il motivo di revocazione in esame assicura alla parte tutela specifica contro comportamenti dolosi del giudice, mentre l’azione di responsabilità per dolo o colpa grave del giudice ex art. 2 della l. n. 117 del 1988 assicura alla parte solo una tutela risarcitoria.
La revocazione straordinaria, in particolare, costituendo l’unico mezzo di attacco del giudicato, è prevista in ipotesi eccezionali nelle quali il legislatore ha ritenuto che si fosse alla presenza di sintomi di ingiustizia della sentenza tali da giustificare la compromissione della certezza tutelata dal giudicato.