I vizi dell’atto consistono nella mancanza di certi requisiti che l’ordinamento ritiene necessari. Ci si chiede quali siano. Innanzitutto il 156 rubricato: “Rilevanza della nullità” si riferisce esplicitamente all’ipotesi della mancanza di requisiti formali. Ciò sembrerebbe creare una contrapposizione tra requisiti formali e requisiti non formali. Tuttavia secondo Mandrioli, vanno probabilmente inclusi tra quelli formali anche “requisiti generali del processo” (ad esempio i presupposti processuali: competenza giudice, capitolo processuale, potere rappresentativo, legittimazione processuale, legittimazione ad agire, interesse ad agire) in quanto essi non sono propriamente formali, ma lo divengono nell’evolversi della serie degli atti (in quanto se un atto si compie senza che quello precedente abbia ogni requisito, si estrinseca in condizioni diverse da quelle volute dalla legge). Il criterio a cui la legge si ispira per stabilire quando la mancanza di un requisito dà luogo a nullità è quello della “congruità delle forme allo scopo”: in ottemperanza a ciò il 156 2° dispone che “la nullità può esser pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”. Questo secondo comma succede al 1°, che prevede che la nullità può esser dichiarata solo se espressamente preveduta dalla legge. Guardando bene questo 1° però, si può dire che la legge può regolare alcuni casi in cui si avrà senza dubbio nullità, ma lascia le altre ipotesi di giudizio sull’indispensabilità del requisito alla valutazione del giudice, il quale deciderà in base al criterio della congruità delle forme allo scopo. Fondamentale è allora il 2°, mentre il principio predetto è ribadito dal 3°, che dice “la nullità non può mai esser pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. Tuttavia con questo 3° il legislatore apporta due diverse regole: da una parte ribadisce che il criterio fondamentale è quello dell’idoneità a raggiungere lo scopo, d’altra parte però enuncia che questo criterio va applicato anteponendo i dati forniti dall’esperienza concreta (id quod plerumque accidit) a quelli forniti dalla prevedibilità astratta (ad esempio non è indicato nell’atto di citazione la data della prima udienza. L’atto deve esser dichiarato nullo, tuttavia se il convenuto ha interesse a coltivare il giudizio, può assumere spontanee osservazioni presso la cancelleria per comparire in udienza previa costituzione. In questo caso l’atto di citazione pur inidoneo raggiungerebbe il suo scopo e la sua nullità sarebbe sanata ex 156 3°).