Può accadere che, per ragioni obbiettive, l’imparzialità della persona fisica del giudice possa apparire dubbia. In questo caso si determina incompatibilità per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali. Si deve allora effettuare quella che tecnicamente è definita sottrazione al giudice del potere/dovere di giudicare in quelle cause dove si possa dubitare dell’imparzialità. La sottrazione avviene o con “astensione” (iniziativa volontaria del giudice) ovvero la “ricusazione” (una specifica contestazione ad opera della parte che ha motivo di dubitare dell’imparzialità del giudice). E’ la legge a indicare quando il giudice deve astenersi (51 C.P.C.); indica la legge poi quando per motivi di convenienza il giudice può chiedere autorizzazione ad astenersi (51 2° C.P.C.), precisando che la ricusazione può esser chiesta solo se sussista un motivo di astensione obbligatoria (52 1°): interesse nella causa o in altra vertenza su identica questione di dir; parentela sua o del coniuge;rapporti di commensalità abituale o convivenza con una delle parti o dei loro difensori, aver dato consulenza tecnica o deposto come testimone nella causa o averne conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro; per il giudice di pace, aver avuto collaborazione o rapporto di lavoro con una delle parti. Se il giudice tenuto all’astensione non ottempera al suo dovere e la parte interessata non chiede la ricusazione, l’anomalia non può più esser fatta valere (tranne nei casi di interesse diretto del giudice: qui avremmo vizio di nullità). Il 2° indica come motivo di “astensione facoltativa” (previa autorizzazione del capo dell’ufficio), gravi ragioni di convenienza.
La Corte Costituzionale è intervenuta nel 1989. L’espressione “altro grado” deve comprendere anche la fase che nello stesso processo si succede con carattere di autonomia: quindi ad esempio non devi esser solo commensale al punto 2, basta che ci giochi a bocce. La legge ha esteso, partendo da ciò, il 669 terdecies: il giudice che ha emesso il provvedimento cautelare non può far par parte del collegio decidente il reclamo.
L’istanza di ricusazione avvia un procedimento incidentale prima che inizi la causa, che inizia con un ricorso al Presidente Tribunale o al Collegio della Corte d’Appello e Cassazione (a seconda che il ricusato sia un giudice di pace o un componente del collegio). Il procedimento si conclude con un’ordinanza non impugnabile in alcun modo (53), con cui viene eventualmente designato il giudice sostituente quello ricusato ex 54 C.P.C.. Il ricorso per ricusazione sospende il processo ancorchè non automaticamente ex 52 3°, con sottrazione al giudice ricusato di ogni potere. Ex 53 sulla ricusazione decide il Presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace; il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte. Ex 54 l’ordinanza che accoglie il ricorso designa il giudice che deve sostituire quello ricusato. La ricusazione è inammissibile, se non proposta nelle forme e termini ex 52. Al 2° il giudice dispone sulle spese nel caso di ordinanza di inammissibilità.
C’è da verificare ora la responsabilità del giudice e i suoi limiti. Nel sistema vigente, i limiti della responsabilità civile dei giudici investono direttamente l’estensione allo stato della responsabilità dei giudici per il loro operato nell’esercizio delle loro funzioni ex 28 Costituzione. Quindi lo schema è:
1) azione diretta verso lo Stato (soggetta a limiti.).
2) eventuale azione di rivalsa dello stato (soggetta a limiti) verso Magistrato. A monte di ciò c’è però da dire che se il fatto costituisce reato, il danneggiato ha diritto al risarcimento nei confronti sia dello Stato che del Magistrato senza limiti particolari. Passiamo ora ai casi specifici: il 2 l. 117/1988 dispone l’azione diretta verso lo Stato per il risarcimento di un danno ingiusto conseguente a un provvedimento giudiziario in quanto sia posto in essere dal giudice con dolo o colpa grave (nel senso di “negligenza inescusabile” che sia concretata in violazione di legge o negazione/affermazione di fatti la cui esistenza è risultante) nell’esercizio delle sue funzioni. Il danno risarcibile è quello patrimoniale, mentre il danno non patrimoniale è risarcibile solo in caso di provvedimenti implicanti la privazione della libertà personale. La stessa responsabilità è prevista anche come conseguenza del “diniego di giustizia” che ex 3 l. 117 sussiste in caso di “rifiuto, omissione, ritardo del giudice nel compiere atti del suo ufficio”. Il Premier è il legittimato passivo nell’azione di risarcimento del danno verso lo stato (soggetta a termine di decadenza di 2 anni da quando è proponibile). La competenza spetta al Tribunale del luogo più vicino ove ha sede la Corte d’Appello del distretto più vicino a quello in cui stava il magistrato all’epoca dei fatti. La proposizione della domanda presuppone una pronuncia di ammissibilità della stessa da parte del Tribunale, il quale delibera in camera di consiglio deliberando l’inammissibilità dell’azione se non sono rispettati i presupposti ex 2,3,4 l. 117 ovvero quando la domanda è manifestatamente infondata. Il magistrato può esser chiamato in causa, se l’azione è dichiarata ammissibile; sempre a seguito dell’accoglimento della domanda, lo Stato può esercitare entro un anno azione di rivalsa verso Giudice (con autonomo giudizio). A fianco di questo sistema, permane la responsabilità disciplinare del CSM (mentre non esiste alcuna responsabilità di tipo politico e sociale).